Un «maquillage». Un trucco perfetto che ha permesso al ragioniere Nino Pulvirenti da Belpasso, provincia di Catania, di spiccare il volo con la compagnia aerea Wind Jet. Un’ascesa prodigiosa che si poggiava, secondo gli investigatori, su fondamenta di carta straccia fatte di fatture gonfiate, perizie di comodo e una fidata cerchia di insospettabili professionisti al suo servizio. La società aerea, fondata nel 2003, già a partire dal 2005 avrebbe avuto un passivo in bilancio di 600mila euro. Un segno meno che non avrebbe consentito all’imprenditore di operare sul mercato ma che sarebbe stato aggirato con alcune operazioni fraudolente. Uno «schema di condotte ripetitivo», lo ha definito la magistrata della procura di Catania Alessia Natale, che si sarebbe protratto per anni.
Compreso il 2008, l’anno d’oro di Pulvirenti e soci. Il periodo è quello dei riconoscimenti. C’è la rivista patinata Capital che lo elegge imprenditore siciliano dell’anno, e quel «Self made man» con cui lo battezza il presentatore Pippo Baudo. La compagnia viaggia a gonfie vele diventando la prima in Italia tra quelle low cost. Per il ragioniere diventato imprenditore dal nulla sono affari da capogiro: tre milioni di passeggeri trasportati sui cieli italiani, oltre 500 dipendenti e mezzi che si spingono fino in Russia.
Nel 2005 si concretizza una delle tante operazioni incriminate. Il marchio Wind Jet, iscritto nel bilancio dell’anno precedente con un valore di 319 euro, attraverso una perizia ritenuta di comodo redatta dallo studio del commercialista Stefano Patti, viene ceduto per 10 milioni di euro alla Meridi srl. Azienda inserita sempre nell’impero Pulvirenti, ma che si occupa della grande distribuzione alimentare con i supermercati Fortè. Effettuata la cessione, viene concessa la licenza di utilizzo alla stessa compagnia aerea che lo riacquista nel 2009 concretizzando, secondo gli investigatori, una distrazione di denaro pari a 2,4 milioni di euro.
Nonostante le perdite e l’aumento dei debiti nei confronti dei creditori, i bilanci della società sarebbero stati sempre in perfetta regola. Tutto grazie «all’assoluta complicità» dell’organismo di controllo interno e delle società di revisione. In questo contesto vanno inseriti i nomi degli altri indagati. Una truppa di professionisti che avrebbe retrodatato alcuni documenti contabili, attenuato i rilievi critici e redatto perizie, confrontandosi spesso via email. Un intreccio in cui emergono i ruoli del commercialista etneo e presidente del collegio sindacale di Wind Jet Vincenzo Patti e quelli di Angelo Vitaliti, Paola Santagati, Gianni Cominu, Giuseppe D’Amico, Gianmarco Abadessa e Sarah Patti. A far parte del sistema ci sarebbero stati anche Remo Simonetti e Giulio Marchetti della società di revisione Bompani audit srl. Sono indagati a piede libero anche Luciano Di Fazio e Gianluca Cedro della società di consulenza Emintad Italy Srl.
Tra le operazioni di sopravvalutazione c’è anche quella che avrebbe avuto la complicità di Matko Dadic e Karl Rickard. I due indagati, attraverso le società estere Dale Aviation e Powerjet Aviation Service, avrebbero gonfiato il valore dei rottami di un aereo della compagnia etnea, incidentato a Palermo nel 2010. In questo caso, a fronte di un valore assicurativo di 600 mila euro, si sarebbe arrivati a una stima di 21 milioni di euro. Spesso i soldi della Wind Jet sarebbero stai movimentati verso l’estero e poi rientrati in Italia tramite un sistema quasi perfetto. Emblematica, secondo i magistrati, è la vicenda delle giacenze in magazzino e della simulazione dell’acquisto e cessione di un componente di un motore di aereo che avrebbe fruttato due milioni di euro da inserire in bilancio. Risorse finanziarie che sarebbero poi state in parte sottratte dall’amministratore delegato Stefano Rantuccio.
Per ricostruire tutti i vari passaggi i militari delle fiamme gialle stanno effettuando accertamenti in cinque Stati esteri: Stati Uniti, Olanda, Francia, Inghilterra e Svizzera. Proprio nella nazione che confina con l’Italia è stato effettuato un sequestro vicino ai sei milioni di euro nei confronti del patrimonio personale di Pulvirenti. Ad alcune movimentazione bancarie su conti esteri risalirebbero anche i 270 mila euro di cui si sarebbe appropriato Rantuccio insieme al fratello Biagio.
Soldi passati a società straniere tramite fatture gonfiate, ipotizzano gli inquirenti, e poi restituiti attraverso bonifici su conti personali e accrediti su carte prepagate intestate ad alcune teste di legno di nazionalità romena. Tra le ipotesi di reato, contestati a vario titolo, oltre alla bancarotta fraudolenta c’è quella per distrazione e per causazione dello stato di dissesto. Dopo l’autogol con il Calcio Catania, per Pulvirenti arriva una grana ancora più pesante. Dalla gloria al declino, che ha avuto il suo spartiacque già nel 2012, quando Wind Jet accumulava 180 milioni di euro di debiti e decine di migliaia di passeggeri restarono a terra.
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