Pulvirenti come Icaro, inizia il processo Wind Jet «Torto nei miei confronti. Altri devono scusarsi»

L’adrenalina di volare tanto in alto da arrivare a vette inimmaginabili. Un’ascesa inarrestabile che per il ragioniere Nino Pulvirenti si è conclusa come quella che il destino ha riservato a Icaro: precipitato con le sue ali di cera sciolte dal sole in un tratto del mare Egeo. Per l’ex patron della compagnia aerea di Wind Jet la corsa si è invece arenata nei corridoi del palazzo di giustizia di Catania. Dov’è chiamato a fare i conti con le presunte combine delle partite del Calcio Catania e con l’accusa di bancarotta fraudolenta per il fallimento della low cost etnea. Dopo il rinvio a giudizio, del 4 febbraio scorso, oggi si aprirà ufficialmente il processo di primo grado. Insieme all’imprenditore originario di Belpasso ci saranno, sul banco degli imputati, altre 16 persone. Un piccolo esercito di colletti bianchi, tra commercialisti ed ex componenti del consiglio d’amministrazione, che hanno reso l’inchiesta Icaro «la più importante in materia economica, che si mai stata fatta dalla procura di Catania», riprendendo le parole, ripetute come un mantra dopo il blitz e gli arresti, dall’ex reggente degli uffici giudiziari Michelangelo Patanè.

A distanza di cinque anni dal torrido
agosto 2012, quando la compagnia aerea sospese i voli lasciando a terra migliaia di persone, Pulvirenti – che oggi quasi sicuramente non sarà presente in aula – potrebbe trovarsi faccia a faccia con decine di ex lavoratori e altrettanti passeggeri. Dati questa mattina come protagonisti di un sit-in davanti al tribunale di piazza Giovanni Verga. Molti di loro vorranno avere anche un ruolo di primo piano nel processo, avendo già annunciato di volersi costituire parte civile. L’udienza di questa mattina non sarà decisiva e, con ogni probabilità, subirà uno dei classici rinvii che contraddistingue il corso della giustizia italiana. Ma segnerà comunque un nuovo capitolo di una storia iniziata nel 2003, quando Pulvirenti fece decollare da Catania il primo volo della sua low cost diretto a Roma

In mezzo c’è l’indagine della guardia di finanza,
iniziata per approfondire i bilanci e le perdite della compagnia aerea, e proseguita con intercettazioni telefoniche e sequestri di documenti. Per i magistrati Wind Jet sarebbe dovuta uscire dal mercato dei voli già dal 2005 con presunti buchi di bilancio occultati grazie a operazioni fraudolente. Su tutte spicca quella, ritenuta fittizia, della cessione del marchio, il cui valore stimato nel 2004 era di 319 euro. Nel 2006 Wind Jet lo vende per dieci milioni di euro alla Meridi srl, azienda della galassia Pulvirenti che si occupa di commercio al dettaglio, proprietaria della catena di supermercati Fortè. La low cost continua comunque a utilizzare l’effige grazie al pagamento di una licenza a Meridi che, qualche anno dopo, lo rivende a Wind Jet. Un’operazione definita dagli inquirenti «priva di qualsiasi ragione economica […] effettuata da due compagini sociali che si ritrovavano sotto la direzione e il controllo della Finaria spa». Una holding che ingloba l’intero patrimonio Pulvirenti e che fino a metà del 2015 lo vedeva come dominus incontrastato nel ruolo di amministratore unico, prima di cedere il testimone al figlio Santi.

Successivamente Wind Jet, secondo l’ipotesi dell’accusa, avrebbe beneficiato anche di una 
perizie di comodo in serie. Come quella dell’Airbus gravemente danneggiato durante l’atterraggio all’aeroporto di Palermo nel 2010. Episodio analogo a un altro, avvenuto nel 2012, con una perizia di stima dei magazzini effettuata dalla Dale Aviation. Alla fine i bilanci truccati sarebbero comunque passati con esito positivo dal consiglio d’amministrazione della low cost. Recentemente Pulvirenti è tornato a parlare dopo due anni di silenzio. Lo ha fatto durante una conferenza stampa dove ha parlato anche della vicenda della compagnia aerea: «Il concordato preventivo è pagato. Su 21 milioni ne sono stati pagati 20. Io pagherò l’ultimo milione entro il 2018. Abbiamo anche sistemato tutti i debiti coi creditori e anche quelli fiscali. Sulla compagnia aerea è stato fatto un grande torto a me e alla Sicilia. Qualcun altro, non io, deve chiedere scusa». 


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