Assemblea cittadina dopo l'attentato incendiario dei giorni scorsi contro il locale sequestrato al giovane rampollo della mafia Gianni Nicchi e affidato a una "cordata" di imprenditore antiracket. A confrontarsi semplici residenti, i rappresentanti delle associazioni che lavorano all'Albergheria e l'assessore Marano
Pub incendiato a Ballarò, il quartiere si ribella «Non basta la repressione servono i servizi»
Ci sono tutti i rappresentanti delle associazioni che lavorano all’Albergheria. Ci sono i ragazzi di Libera, Moltivolti, le suore comboniane, alcuni degli artigiani dell’associazione Alab, gli insegnanti del liceo Benedetto Croce, la cooperativa turistica Terra d’Amare, il poliambulatorio per migranti Ippocrate, il circolo Arci Porco Rosso, la Caritas. Ma all’assemblea cittadina per dire ‘no’ alle intimidazioni mafiose, dopo l’attentato incendiario dei giorni scorsi contro il pub sequestrato al giovane rampollo della mafia Gianni Nicchi e affidato a una “cordata” di imprenditori antimafia ci sono anche alcuni consiglieri comunali, quelli della prima circoscrizione capitanati da Paola Miceli, alcuni rappresentanti di Sel, l’assessore alle Attività produttive del Comune Giovanna Marano, e il salesiano Don Enzo, che ha aperto le porte di Santa Chiara per discutere del problema e per trovare delle soluzioni.
Tutti sono impegnati, “ogni santo giorno” come recitava lo slogan di un Festino di qualche anno fa, che aveva molti di loro, come testimonial. Ci sono tutti, ma mancano i diretti interessati, proprio gli imprenditori ai quali è stato affidato il locale. «Non è con l’oppressione, non è schiacciando, non è sequestrando 100 motorini che si aiuta Ballarò – dice Claudio Arestivo di Moltivolti -. Servono servizi, diritti, sarebbe stato bello che questi imprenditori fossero venuti per farsi conoscere, che avessero preso a lavorare dei ragazzi del quartiere, che fossero andati a fare la spesa nel mercato di Ballarò. Invece sono completamente staccati, avulsi dal territorio, non conoscono i problemi, non conoscono la gente».
Anche l’amministrazione comunale dice la sua. «È singolare trovarsi davanti all’assenza dei diretti interessati – ha detto Giovanna Marano -. Stiamo provando a innescare un processo di rigenerazione economica del quartiere, siamo interessantissimi a collaborare con voi, vorremmo partire da via Porta di Castro. Perché sono solo pub le attività commerciali che nascono? È una domanda che fanno in tanti, non abbiamo uno strumento di pianificazione commerciale. Non è possibile che in tutti i luoghi più rappresentativi della città nascano solo pub. L’assegnazione dei beni confiscati è un altro nodo importante che va sciolto». Si è discusso a lungo nella speranza di trovare soluzioni, per il pub, ma soprattutto per chi abita in questo quartiere.
«Ballarò risulta il quartiere meno abitato e nei fatti, però, è quello più densamente abitato – dice Paola Miceli -. Questo tipo di attività legate alla movida nascono a fiumi e stanno portando alla desertificazione del centro storico. Accanto alla movida servono monumenti aperti, servizi, altre attività commerciali».
«Il primo punto è capire dove vogliamo andare? Innanzitutto servono attività educative – dice Giovanni Pagano di Libera -. Non è scandaloso chiedere un maggiore intervento delle forze dell’ordine, perché noi siamo in minoranza e loro invece, dall’altro lato, ci sono e sono forti». Il neonato comitato si è dato appuntamento alla settimana prossima per continuare il confronto. «A Ballarò le forze dell’ordine contengono i danni, sono raddoppiati gli spacciatori dall’anno scorso perché la crisi morde alle caviglie – spiega Fausto Melluso di Arci Porco Rosso -. L’amministrazione ha le sue responsabilità, ma è ovvio che il quadro è molto più complesso e va molto oltre, bisogna mettere tutti il nostro è creare una comunità anche politica omogenea che riesca a lavorare ogni giorno nella stessa direzione».