Sono passati venti giorni dalla scomparsa di Daouda Diane, il mediatore culturale 37enne originario della Costa d’Avorio che da tempo vive ad Acate, nel Ragusano. Prima che di lui si perdesse ogni traccia, alle 14.38 di sabato 2 luglio, l’uomo ha inviato al fratello e alla moglie due video girati all’interno di un cementificio alla periferia della cittadina. «Dal cantiere è andato via dopo un’ora e mezza di lavoro di pulizie, intorno a Mezzogiorno», chiarisce a MeridioNews il titolare del cementificio Sgv Calcestruzzi Srl Gianmarco Longo. Lui non era lì, ma così gli hanno riferito. «Non lavora per noi in modo fisso e si occupa solo di pulizie. Quel giorno – aggiunge il titolare – è venuto per sistemare uno spiazzale». Eppure nelle immagini girate in quel cantiere, dove stava senza un regolare contratto, Daouda non solo mostra i luoghi e lamenta le condizioni di lavoro ma si inquadra mentre è dentro una betoniera e sta usando un martello pneumatico. «Non era suo compito lavorare lì e usare quella strumentazione – sottolinea Longo – Non so perché abbia fatto quei video in quel modo». Ed è questo l’ultimo segno che, al momento, ha lasciato di sé. Immagini che non si sa ancora quando siano state girate. «Noi lunedì abbiamo provato a contattarlo di nuovo – aggiunge il titolare – per chiedergli di venire a lavorare per noi anche il fine settimana successivo, sempre per le pulizie. Ma non ha risposto».
E non solo a loro. Da quel momento, il 37enne non ha più risposto a nessuno e il suo cellulare già dal primo pomeriggio del 2 luglio risulta irraggiungibile. A presentare la denuncia di scomparsa sono stati alcuni amici e i colleghi dell’associazione Medintegra per cui lui lavorava come mediatore culturale. Tutti, sin da subito, convinti che non si sarebbe mai allontanato volontariamente. Per di più a pochi giorni di distanza dalla data di un biglietto già comprato da tempo per passare le ferie nel suo Paese d’origine con la moglie, il figlio, i genitori e il fratello che adesso di lui non hanno più notizie da venti giorno. Da una parte ci sono in corso le indagini coordinate dalla procura di Ragusa e affidate ai carabinieri; dall’altra procedono le ricerche di Daouda che però, finora, non hanno dato nessun esito. Militari, polizia, il reparto speciale dei Cacciatori di Sicilia, squadre di vigili del fuoco, di protezione civile e volontari, coordinati da un tavolo tecnico in prefettura, continuano a setacciare i luoghi per cercare il 37enne. Diverse aree sono state sorvolate anche dai droni. I cani molecolari, invece, non sono mai stati messi in campo perché, al momento, in Sicilia non ce ne sono. «Andremo avanti nelle attività di ricerca con gli stessi strumenti e con i criteri che stiamo seguendo dall’inizio», dicono dalla prefettura al nostro giornale. Partite dalle zone limitrofe e dai percorsi abituali, le ricerche si sono allargate a tappeto a diverse altre aree. Al momento, non è arrivata nemmeno una segnalazione di qualcuno che lo avrebbe avvistato. «Le ricerche non le interromperemo mai», garantiscono dal gabinetto della prefettura.
Ed è proprio lì davanti che venerdì pomeriggio la Federazione del Sociale Usb di Ragusa ha organizzato un presidio. Dopo lo sciopero che, venerdì scorso, ha visto la partecipazione di oltre trecento persone, il sindacato torna con un breve corteo (che parte da piazza San Giovanni alle 18) che avrà come meta il palazzo di viale Mario Rapisardi. «Speriamo di essere ricevuti dal prefetto – dice a MeridioNews Michele Mililli, il segretario provinciale di Usb – per avere la possibilità di chiedere a che punto sono le indagini e come stanno proseguendo. Oltre a fare luce sulla scomparsa di Daouda, abbiamo anche delle richieste per tutti gli altri lavoratori che sono nelle sue stesse condizioni». Dal sindacato, inoltre, è partita tre giorni fa una raccolta fondi sulla piattaforma Gofundme per i familiari di Daouda in Costa d’Avorio. «Era lui il perno della famiglia – spiega Mililli che è in contatto con la moglie e con il fratello del 37enne – anche dal punto di vista economico. Ora loro sono disperati e, in attesa di avere qualche notizia, pensano solo che vorrebbero venire in Italia».
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