Un appuntamento informale, con le telecamere presto messe alla porta. Il nuovo reggente etneo racconta le sue prime impressioni, soffermandosi sugli aspetti tecnici e organizzativi del suo ufficio. Di politica e veleni preferisce non parlare. Così come delle polemiche e delle speranze che hanno preceduto la sua nomina: «Per me è un grosso carico di responsabilità»
Procura, Salvi incontra la stampa «Ai catanesi parlerò coi fatti»
«Ho trovato una disponibilità che non mi aspettavo». Il neo procuratore capo di Catania, Giovanni Salvi, a quasi un mese dal suo insediamento incontra la stampa e racconta le sue prime impressioni nel capoluogo etneo. «Un incontro informale» ci tiene a precisare, che restituisce un primo tratto del reggente. Il suo è il tono educato ma fermo di chi è abituato più a coordinare che a comandare, ma che non ammette repliche. Come quando invita le telecamere ad abbandonare la stanza per proseguire l’incontro in modo meno ufficiale. Non prima però di aver rivolto ai catanesi a una promessa: «Parleremo con i fatti e, quando sarà il momento, informeremo i cittadini pubblicamente».
Ascolta la dichiarazione del neo procuratore capo di Catania Giovanni Salvi
I suoi tanti «vedremo» scoraggiano le domande, ma il procuratore è stato chiaro fin dal principio. E’ ancora in fase di colloqui con i sostituti e i vari tavoli di lavoro per diverse materie. Aspetta l’arrivo di un funzionario statistico per «conoscere davvero l’ufficio e i suoi flussi». Perché una procura grande come Catania, continua Salvi, «è un organismo»: dotato di suoi equilibri ed esigenze. Il nuovo gerente non nasconde però le difficoltà. Se l’allarme sottodimensionamento dell’organico della procura sembra essere rientrato, a preoccupare è la carenza di personale specializzato e non. «Molti vanno in pensione e si sente la mancanza soprattutto dei giovani in certi settori, come quello informatico», spiega. I funzionari e i magistrati cercano di tamponare come possono, ma la situazione non è rosea. La speranza del procuratore capo è che da un proficuo rapporto con gli enti locali nasca anche la possibilità di reperire altro personale.
I problemi riscontrati finora sono anche strutturali. Di una cittadella giudiziaria si parla da tanto e lo stesso Salvi ammette di averne discusso con il sindaco. Il procuratore appare scettico, ma resta il fatto «che così non si può andare avanti – dice – Non ci sono nemmeno le stanze per tutti». Al momento, infatti, i magistrati dividono gli uffici con il personale di segreteria: una condizione che non favorisce di certo la riservatezza delle indagini.
Questioni pratiche quelle affrontate dal reggente, che però al momento preferisce non soffermarsi sugli aspetti politici interni al palazzo di Giustizia e tanto meno sulle polemiche che hanno accompagnato la sua nomina. «Devo prima capire di cosa parliamo», taglia corto. E sottolinea: «La presenza dello Stato dev’essere effettiva e non soltanto con i maxi-processi. I cittadini devono sapere di potersi rivolgere a noi, altrimenti lasciamo aperti degli spazi in cui poi è facile che si insinui l’anti-Stato». Su di lui sono riposte le speranze di molti catanesi, che nei mesi precedenti alla decisione del Csm hanno richiesto a gran voce la sua nomina. Giovanni Salvi lo sa, si schermisce. Poi conclude: «Per me è un grosso carico di responsabilità».