Stavolta tocca alla segretaria generale della Regione siciliana smentire le parole del dichiarante Giuseppe Tuzzolino. Lo stesso che l'aveva citata nei suoi lunghi e dettagliati racconti a proposito di incontri politici e rapporti con logge. «All'alba a palazzo d'Orleans può entrare solo chi pulisce», replica la dirigente
Processo Lombardo, testimonia Patrizia Monterosso «Massoneria? Mi hanno contattato sempre via email»
«Giuseppe Tuzzolino? Mai conosciuto. Ho visto la sua foto sui giornali e letto stralci dei verbali». Tocca a Patrizia Monterosso, dopo l’architetto Calogero Baldo, smentire di avere incontrato il super testimone agrigentino per parlare di affari e politica. La burocrate della Regione è stata chiamata dagli avvocati di Raffaele Lombardo per testimoniare nel processo d’appello che vede l’ex governatore imputato per concorso esterno alla mafia e voto di scambio. Da sconfessare, almeno per i difensori, ci sono le rivelazioni di Giuseppe Tuzzolino. Il dichiarante, sottoposto al programma di protezione, ha tirato in ballo l’attuale segretaria generale della Regione ed ex capa di gabinetto proprio di Lombardo per dei presunti incontri che si sarebbero svolti all’alba nelle stanze di palazzo d’Orleans. Faccia a faccia in cui si sarebbe discusso di appalti e finanziamenti. «Alle sei del mattino l’accesso è consentito solo al personale che si occupa della pulizia», taglia corto Monterosso, che per l’occasione si è fatta assistere dall’avvocato Nino Caleca, ex assessore all’Agricoltura di Rosario Crocetta. «I quattro accessi della sede, inoltre, sono tutti monitorati dalle telecamere» conclude.
Plenipotenziaria nel settore della Formazione professionale, Patrizia Monterosso occupa incarichi di vertice da tre stagioni politiche: da quella di Totò Cuffaro all’attuale. Il suo nome viene affiancato da Tuzzolino anche per dei presunti affari legati a fotovoltaico, mafia e massoneria. Un intreccio che porterebbe direttamente alla loggia della Vedova di Castelvetrano, città del superlatitante di Cosa nostra Matteo Messina Denaro. Alla specifica domanda dell’avvocato Alessandro Benedetti, la teste nega l’appartenenza a gruppi d’interesse massonici e sottolinea di essersi recata nel Comune in provincia di Trapani «soltanto una volta e mezza».
Il legame tra Monterosso e massoneria in realtà esiste, ma passerebbe per una serie di email che da qualche anno intasano la casella di posta elettronica del suo indirizzo della Regione. È la stessa burocrate a svelare date, contenuti e curiosi retroscena. «Nel luglio 2015 ho ricevuto due messaggi da una loggia di Catania, c’era una lista di 17 nomi, forse si trattava di iscritti, ma io ho subito denunciato come faccio sempre in questi casi, scoprendo successivamente che mi era stata mandata per errore». Un caso isolato? Non proprio. Qualche mese prima, nel novembre 2014, sarebbe stato il Grande Oriente d’Italia a mandarle un messaggio. Episodio anche questo denunciato tramite «l’avvocato Antonio Fiumefreddo» e che, stando alla testimonianza, vedrebbe Monterosso come parte offesa in un’inchiesta della procura di Catania: «Chi è il titolare del fascicolo?», chiede uno degli avvocati di Lombardo: «Agata Santonocito» replica Monterosso, citando la magistrata che rappresenta l’accusa anche nel processo all’ex governatore siciliano.
A sfilare sul banco dei testimoni non c’è soltanto la funzionaria della Regione. Si accomodano davanti la corte anche il manager della sanità etnea Gaetano Sirna, l’ex presidente della provincia Eugenio D’Orsi e il dottore di Palma di Montechiaro Lorenzo Vella. Medico di famiglia, personaggio noto in paese – che ha fatto di se stesso un brand con tanto di nome e cognome inciso in bianco sulle aste rosse dei suoi occhiali da vista -, da decenni è impegnato in politica tra Democrazia cristiana, Forza Italia e il Movimento per le Autonomie, anche lui si è visto puntare il dito contro da Tuzzolino. Nello studio di via Roma, arteria centrale del Comune in provincia di Agrigento, prima delle elezioni regionali del 2008 ci sarebbe stato un summit per discutere di mafia e voti con tutto il gotha della criminalità organizzata locale. Un incontro organizzato, secondo il dichiarante, dall’allora deputato Roberto Di Mauro. «I locali sono 85 metri quadri, si tratta di un piccolo immobile», replica il testimone. Quando poi gli viene letto l’elenco di quelli che sarebbero stati i partecipanti, il medico replica: «In un paese si conoscono tante persone, ma è cosa diversa dal frequentarle. Poi io sono anche stato presidente della locale squadra di calcio, dalla seconda categoria siamo arrivati fino ai dilettanti».