In Sicilia si contano 39 preti pedofili: «Alcuni casi senza giustizia perché il reato è in prescrizione»

«Sui reati di abusi sessuali del clero ai danni di minorenni va tolto il limite della prescrizione». La richiesta arriva da Francesco Zanardi, il fondatore e presidente della Rete l’abuso che ieri ha presentato il primo Report dei sopravvissuti agli abusi sessuali del clero italiano. Stando ai dati forniti dall’osservatorio permanente nei tredici anni di attività su quello che viene definito un «fenomeno endemico», la Sicilia sarebbe al terzo posto per numero di preti pedofili, con 39 casi. Numeri che non prendono in considerazione catechisti, educatori, animatori e altri laici che orbitano nell’ambiente ecclesiastico. Fanno peggio solo la Lombardia con 69 e il Veneto dove se ne contano quaranta. Sull’Isola sarebbero 17 i sacerdoti già condannati in via definitiva per reati di questo tipo e 14 quelli denunciati; a questi si aggiungono otto casi non pubblici, cioè segnalati dalle vittime ma che per improcedibilità spesso legata alla prescrizione, non sono nemmeno noti alle autorità civili. «E da qui emerge l’inerzia dello Stato», commenta a MeridioNews Zanardi che all’età di undici anni è stato lui stesso vittima degli abusi di un sacerdote.

«Tra vuoti legislativi e inadempienze dello Stato – aggiunge il presidente della Rete l’abuso – la questione non può essere trattata semplicemente come un mancato rispetto del sesto comandamento». Il principio biblico che esorta a «non commettere atti impuri». Giustizia divina e giustizia terrena, però, non sempre coincidono. «La chiesa procede secondo la propria dottrina – commenta Zanardi al nostro giornale – ma questo non significa che debba essere esclusa la procedura in un tribunale ordinario. Non ci si può basare guardando a un reato solo come a un’offesa arrecata a Dio. Si deve pensare che la parte lesa è la vittima delle violenze». Minorenni che, nella maggior parte dei casi, dato anche il rapporto di subalternità con il componente del clero, non riescono a denunciare subito gli abusi. «C’è un tempo di maturazione che è lento e, troppo spesso – analizza il fondatore della Rete l’abuso – per questo il reato cade in prescrizione». Limite che, in Italia, al momento, è fissato a dieci anni.

Un termine che, per Zanardi, «non consente al nostro Paese di rispettare la Convenzione sui diritti dell’infanzia». Lo strumento normativo internazionale più importante in materia di tutela dei diritti dell’infanzia che impone di mettere al primo posto «l’interesse superiore del minore». L’altro problema sollevato nella relazione dell’associazione parte proprio da qui e riguarda «un basso livello di indagini anche solo preventive. Quasi sistematicamente – spiega Zanardi – nei casi in cui solo uno dei minori abusati denuncia fatti che le indagini dell’autorità giudiziaria poi confermano, non si procede con le indagini su altre potenziali vittime che non hanno denunciato». In pratica, soltanto raramente si procede d’ufficio. Un limite per il fondatore della Rete l’abuso soprattutto per «l’alto tasso di recidività e il fatto che i preti pedofili dovrebbero essere intesi come soggetti socialmente pericolosi». In molti casi, invece, quando a procedere è la giustizia ecclesiastica, i sacerdoti vengono solo spostati da un posto a un altro.

Intanto, a novembre dell’anno scorso, la Cei i fornito i propri dati sul fenomeno (di governativi non ne esistono) e la Conferenza episcopale siciliana ha creato il Centro di ascolto per gli abusi sessuali sui minori con il servizio attivo in tutte le 18 diocesi dell’Isola. Diverse delle quali, nell’ultimo periodo, sono state coinvolte in vicende del genere: dal processo che si sta celebrando a carico del sacerdote della diocesi di Piazza Armerina Giuseppe Rugolo per violenza sessuale aggravata ai danni di minori fino alla denuncia presentata da un giovane di Francofonte (in provincia di Siracusa) per i quasi dieci anni di abusi sessuali subiti da un cappellano militare quando era minorenne. Andando più indietro nel tempo, ci sono anche i caso del parroco della chiesa madre di Randazzo Vincenzo Calà Impirotta – che era stato condannato per le violenze sessuali ai danni di un minorenne durante un viaggio a Gerusalemme – e di Pio Guidolin, il sacerdote della Chiesa Santa Croce al Villaggio Sant’Agata a Catania che, dopo la condanna per violenza sessuale su minori, è stato destituito dal ruolo di prete. Una capitolo a parte, meriterebbe il santone Pietro Capuana che si faceva chiamare L’arcangelo e che è attualmente imputato nel processo 12 Apostoli con l’accusa di avere abusato sessualmente di numerose ragazze, all’epoca dei fatti minorenni.


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