Enna, prete a processo per violenza sessuale su minori denuncia l’associazione delle vittime: «Solo intimidazioni»

«Queste sono vere e proprie intimidazioni». È così che Francesco Zanardi, il presidente di Rete l’Abuso, ha commentato a MeridioNews la notizia di essere stato denunciato da Giuseppe Rugolo, il sacerdote che è a processo al tribunale di Enna con l’accusa di violenza sessuale aggravata a danni di minori. Il prete ha denunciato il fondatore e presidente della Rete l’abuso per diffamazione a mezzo stampa. «Sono stato denunciato due anni fa – racconta Zanardi al nostro giornale – ma ne sono venuto a conoscenza soltanto adesso che la procura di Savona (la cittadina in Liguria dove ha sede l’associazione attiva da tredici anni, ndr) ha chiesto l’archiviazione per l’infondatezza della querela, ma i legali difensori di Rugolo hanno presentato ricorso».

La denuncia di Rugolo sarebbe per gli articoli di giornale che Zanardi ha pubblicato sul sito dell’associazione. Un’opposizione all’archiviazione di cui si discuterà nell’udienza che è stata fissata per il 4 ottobre del 2023. «Mi sono già organizzato con i miei legali – dichiara Zanardi che con l’associazione è parte civile nel processo a Rugolo – Tornando indietro, comunque, rifarei tutto quello che ho fatto e per cui, in questi tredici anni di attività, ho già avuto più di settanta querele. Del resto – aggiunge l’uomo che all’età di undici anni è stato lui stesso vittima degli abusi di un sacerdote è per questo che è nata Rete l’Abuso».

Intano, domani si svolgerà un’altra udienza del processo a Rugolo. Tra i testi previsti ci sono anche due monsignori, Pietro Spina e Vincenzo Murgano che saranno chiamati a chiarire il motivo per cui, nonostante sapessero delle violenze subite dal giovane archeologo quando aveva 15 anni e dalle cui denunce sono partite le indagini, non abbiano agito di conseguenza. A testimoniare sarà poi anche il vicario foraneo Giuseppe Fausciana che segnalò al vescovo della diocesi di Piazza Armerina, Rosario Gisana, il caso di violenza. Sin da subito, i genitori della vittima hanno denunciato che: «La diocesi ci offrì dei soldi della Caritas in cambio di una clausola di riservatezza e del silenzio di nostro figlio». Accuse a cui il vescovo ha risposto sostenendo che, invece, proprio dai genitori del giovane sarebbe arrivata una richiesta di denaro.  


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