Premio Restart Antimafia a storica imbarcazione Lisca Bianca «Simbolo della Sicilia che riesce a compiere imprese epiche»

«Un’inclusione sociale romantica e concreta, che ha saputo recuperare la memoria di un’imbarcazione simbolo della cultura mediterranea nel mondo trasformandola in un progetto educativo e formativo, in un mestiere, ma soprattutto in un’esperienza collettiva che ha tenuto insieme migranti, giovani detenuti, infortunati sul lavoro ed ex tossicodipendenti. Prendendosi cura del restauro di Lisca Bianca, ciascuno si è preso cura di se stesso e dell’altro». Questa è la motivazione che ha spinto l’associazione romana daSud a consegnare il premio Restart Antimafia alla storica imbarcazione con la quale i coniugi Albeggiani fecero il giro del mondo negli anni ’80. 

«Oggi Lisca Bianca è tornata in mare dopo vent’anni di abbandono ed è il simbolo della Sicilia che riesce ancora a compiere imprese epiche», prosegue la motivazione. Con questo premio daSud assegna un riconoscimento nel campo del sociale e della cultura alle personalità o alle realtà che si sono distinte nella promozione dei diritti sociali e civili e nella costruzione di un nuovo immaginario antimafia nell’arte e nella cultura.

I membri dell’associazione sono sostanzialmente ragazzi del Sud, soprattutto calabresi, trapiantati a Roma. Si tratta di giovani esperti nel settore della comunicazione che hanno deciso di spendersi per riuscire a realizzare una cultura dell’antimafia impiegando linguaggi non canonici e seriosi, ma innovativi e inusuali. È appena stata inaugurata, inoltre, un’Accademia popolare dell’antimafia e dei diritti, volta a stimolare la creatività degli studenti attraverso musica, teatro, letteratura, sport e fumetti.

«In questo premio si concentrano tre sentimenti importanti: riconoscimento, incoraggiamento e responsabilità», racconta a MeridioNews Elio Lo Cascio, presidente dell’associazione Lisca Bianca e meritevole del ritrovamento dell’imbarcazione, insieme al progettista navale Francesco Belvisi. «Lo dedichiamo ai ragazzi migranti scappati dalla guerra e che hanno collaborato a questo progetto – spiega – Sono i ragazzi più esposti, stanno nel mezzo fra criminalità locale e criminalità internazionale. Noi li abbiamo accolti e loro ce ne sono stati grati».

Al progetto di recupero sociale dell’imbarcazione, infatti, hanno preso parte tre ragazzi dello Sprar, insieme ai giovani dell’Istituto penale per minorenni di Palermo, cinque assistiti Inail ed ex tossicodipendenti della comunità di recupero Sant’Onofrio di Trabia. «Essere scelti tra molti progetti e ricevere pubblicamente un riconoscimento come questo, è sicuramente un attestato di stima ma anche e soprattutto un’investitura di responsabilità», conclude Lo Cascio.

Silvia Buffa

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