Porto, bullismo e aggressione nel fine settimana «Questa non è una città in cui ci si sente protetti»

Il sabato un atto di bullismo, la domenica un’aggressione vera e propria con tanto di furto di cellulare. Vittima in entrambi i casi è stata Agnese Vittoria, ragazza transgender che si trovava nei dintorni del porto di Catania. Una doppia disavventura che riporta l’attenzione sul tema della sicurezza in una zona della città in cui in passato si sono verificati episodi simili. La scorsa estate, una 29enne aveva denunciato a MeridioNews di essere stata vittima di atti omofobi. 

«Nel primo caso sono sicura si sia trattato di un gesto dettato dalla discriminazione di genere – racconta Agnese Vittoria a MeridioNews – Ero fuori da un locale quando da un’automobile mi hanno lanciato dell’acqua con una bottiglietta. Erano in quattro, credo sia stata una ragazza». Pochi minuti dopo la scena si è ripetuta tale e quale. «Hanno fatto il giro e di nuovo mi hanno tirato l’acqua – continua la giovane – A quel punto, ho chiamato il 112». La telefonata al numero d’emergenza non ha sortito l’effetto desiderato. «Chi mi ha risposto mi ha detto che per un fatto di questo tipo nessuna pattuglia si sarebbe potuta spostare, perché erano impegnati altrove e ha chiuso la cornetta – va avanti – Al secondo tentativo, invece, mi hanno passato la polizia che ha mandato una volante». Il racconto di quanto accaduto non è servito a rintracciare l’auto. «In compenso sono finita in ospedale dove i medici mi hanno diagnosticato uno stato d’ansia e i battiti cardiaci accelerati. Non è stata la prima volta in cui ho subito questo tipo di gesti, ma non ci si abitua mai».

Domenica sera, invece, la rapina subita dalla giovane le è costata il cellulare oltre che escoriazioni in diverse parti del corpo. «Era un gruppetto di ragazzi, mi hanno spintonata e strappato il telefono dalle mani – racconta – Sono scappati dentro al porto e lì credo siano rimasti, ma al sicuro perché nessuno è intervenuto». Stando al racconto di Agnese, in questo caso le telefonate al numero d’emergenza si sono rivelate infruttuose.

«Pare che nessuna volante potesse venire e questo nonostante abbia detto che si trovavano lì nelle vicinanze. L’unico che mi ha dato una mano è stato pescatore, prestandomi il proprio telefono». La giovane si è rivolta anche alla guardia di finanza che, all’interno del porto, ha gli uffici della sezione navale. «Il militare mi ha detto che non poteva allontanarsi e ha chiamato la polizia, ma non è servito a nulla. Sono vicende – conclude – che confermano come quello della sicurezza è un problema reale».

Simone Olivelli

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