Duro botta e risposta tra il presidente dell'Assemblea Regionale e il candidato in pectore di Cuffaro alle prossime amministrative palermitane, Saverio Romano. Secondo il parlamentare, Ardizzone userebbe l'Ars «per ripulirsi la coscienza»
Porte chiuse all’Ars per convegno con Totò Cuffaro Ardizzone: «Lotta alla mafia è fatta di segni chiari»
«La lotta alla mafia è fatta anche di segnali chiari e inequivocabili». Non ha dubbi Giovanni Ardizzone, presidente dell’Ars, che appena qualche giorno fa ha negato la sala Piersanti Mattarella del palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea siciliana, a un convegno sulla condizione delle carceri organizzato dal forzista Vincenzo Figuccia e che avrebbe visto tra i relatori l’ex presidente della Regione condannato per favoreggiamento alla mafia, Totò Cuffaro.
Questa mattina una lettera al vetriolo del candidato in pectore di Cuffaro alle prossime amministrative di Palermo, Saverio Romano, in cui il parlamentare chiedeva proprio ad Ardizzone se corrispondesse al vero la revoca della concessione della sala Mattarella. «Comprenderà – ha scritto Romano – che da parlamentare di questo Paese, non potrei che censurare comportamenti volti a discriminare il cittadino Cuffaro in quanto ex detenuto, così come per qualsiasi altro cittadino che abbia pagato il suo debito con la giustizia».
Secca la replica di Ardizzone, che conferma la revoca per sua espressa volontà. «Converrà con me – ha precisato il presidente dell’Ars -, visto che anche lei riveste un ruolo pubblico e quindi ha responsabilità nei confronti di tutti i cittadini e delle istituzioni, che in una sala prestigiosa del parlamento siciliano, di recente intitolata a una vittima di mafia come il presidente della Regione Piersanti Mattarella, sarebbe stata inopportuna, e certamente equivoca, la partecipazione di un relatore condannato per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra».
Insomma, secondo Ardizzone, nessuna discriminazione, quindi, «ma una scelta di tutela verso l’Assemblea regionale siciliana e quanti, a vario titolo, avrebbero potuto sentirsi confusi o peggio feriti da una decisione diversa. Come rappresentanti pubblici, abbiamo il dovere morale di non trasmettere messaggi ambigui che possano ledere l’onore e il decoro delle Istituzioni e confondere i cittadini». Non si è fatta attendere la risposta di Romano, secondo cui Ardizzone non dovrebbe usare l’Ars «come lavatrice della sua coscienza». «Risulta evidente – attacca ancora Romano – che per lei tutti gli articoli della Costituzione italiana hanno valore, ad eccezione del ventisettesimo. Lei scambia il rispetto della legalità con il libero arbitrio, da vero e proprio legibus solutus. Lei non è proprietario della istituzione che presiede. Il rispetto della Costituzione viene prima dei propri convincimenti».
Il sentore è che dietro il botta e risposta, nel corso del quale a prendere le difese di Romano e dello stesso Cuffaro sono stati anche Figuccia e Gianfranco Micciché, ci sia il difficile tentativo di ricongiungimento familiare all’interno del centrodestra siciliano. Non è un caso che la frecciatina conclusiva di Romano sia questa: «Se Ardizzone ritiene che l’aver militato con Cuffaro nello stesso partito ed averne condiviso scelte politiche sia un vulnus da rimuovere, lo faccia politicamente senza tirare in ballo Mattarella o risibili atteggiamenti da antimafia d’accatto».