Ponte sullo Stretto, il professore Arici: «Opera modello nel mondo. I politici fanno a gara, ma basta partigiani del sì e no»

«Quello del Ponte sullo Stretto di Messina è un tema estremamente politicizzato. Da una parte e dall’altra, è in mano a partigiani». Più che sui tecnicismi, starebbe qui il vero problema dell’attesa infrastruttura secondo Marcello Arici, già professore associato di Scienza delle costruzioni all’Università Uiav di Venezia e di Tecnica delle costruzioni all’Università di Palermo. Tifoserie che si riproporrebbero a ogni novità, comprese le ultime raccomandazioni del comitato tecnico-scientifico nominato dal governo. «Osservazioni normali – commenta l’ingegnere – che non mi sembra pongano un problema. Chiedono un approfondimento, ma non si tratta di critiche insormontabili». Per l’ex docente universitario, che reputa il ponte «utile per la Sicilia e per tutto il Sud Italia», il problema starebbe semmai in un altro aspetto: «La corsa dei politici, che devono però appoggiarsi a degli esperti. E questo riguarda sia i favorevoli, per esempio la Lega e Salvini, sia i contrari. Bonelli (Alleanza Verdi Sinistra, ndr), per esempio, che competenze ha?». Competenze troppo spesso sostituite dal colore politico: «Alcuni si chiedono se il Ponte sia di destra o di sinistra – continua l’esperto – ma secondo me sono aberrazioni. Io sono di sinistra, eppure sono favorevole».

Per Arici – che nell’ateneo palermitano ha tenuto per oltre quarant’anni il corso di Teoria e progetto di ponti – si tratta di «un’opera straordinaria, sicuramente problematica e difficile, ma abbiamo fatto un salto in avanti notevole rispetto al passato: abbiamo 50 anni di studi alle spalle. I problemi ci sono e agli approfondimenti non ci sarà mai fine, ma questo non è ostativo». Il punto, insomma, non sarebbe se il ponte si possa fare o meno. Una domanda che, per l’ex docente, andrebbe superata: «Fino al 1940 non si sapeva nulla sul comportamento del vento in relazione ai ponti sospesi, mentre ora il tema è stato affrontato benissimo – spiega – E non ci dimentichiamo che dagli studi relativi al ponte sullo Stretto è venuto fuori il Messina Type Deck: ora i ponti nel mondo vengono fatti prendendo come modello quello di Messina».

Da capire resterebbe, semmai, «se l’opera ha i motivi per farsi». «Per la Torre Eiffel non c’erano tutte le conoscenze e gli studi approfonditi, ma questo non è stato motivo d’ostacolo. C’erano la volontà e la sapienza costruttiva». Arici non nega che ci siano delle difficoltà: «Il tema del vento e la questione relativa al passaggio della ferrovia sul Ponte sono i punti più critici. Ma ci si studia da decenni: dal progetto di Steinman (inizio anni ’50), passando per la legge dello Stato del 1980, fino ad arrivare al progetto del 2011, che per molti è vecchio – continua – Questo non è vero: il progetto si è evoluto, ma non è stato smentito». A proposito delle soluzioni alternative, per Arici «fare un ponte a più campate è più facile, ma nel nostro caso anche estremamente difficile e costoso, perché dobbiamo considerare le fortissime correnti dello Stretto. Per questo si è deciso di escludere questa strada. Meglio muoversi su una che è già stata approfondita e studiata dai migliori esperti del mondo».


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