Ponte sullo Stretto, le motivazioni della Corte dei Conti: dalla «strada extraurbana» alle novità sui pedaggi

Valutazioni ambientali, gara d’appalto e piano economico. Eccetto un colpo di scena sui pedaggi, non dicono troppo di nuovo le motivazioni della Corte dei Conti sul progetto del ponte sullo Stretto di Messina. Almeno per come esposto nella delibera Cipess (il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile, ndr). Su cui i giudici contabili sono stati chiamati, a settembre, a dare il proprio giudizio di legittimità. Tra richieste di chiarimenti e integrazioni al governo, e successive polemiche. Fino alla decisione: la delibera «non può essere dichiarata conforme a legge». Sui nodi già emersi, dalla trentina di pagine delle motivazioni della Corte dei Conti emergono anche le risposte del governo circa il progetto del Ponte sullo Stretto. Non senza alcune note di colore: come la classificazione dell’opera, secondo il ministero dei Trasporti retto da Matteo Salvini, in «strada extraurbana».

Il giallo digitale dei documenti via link

Fin dal primo momento, il lavoro di controllo della Corte aveva suscitato polemiche. Alla richiesta di integrazioni e di un rilievo a proposito della trasmissione di alcuni atti scaricabili via link, il governo aveva risposto con piccata ironia. «Verrebbe voglia di rispondere: “Perché c’è internet”», diceva la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in un’intervista al Tg1. Che, ancora prima, si diceva stupita, «come se i giudici contabili ignorassero l’esistenza dei computer». Adesso, la Corte dei Conti risponde sul punto. Spiegando come – oltre ad aver trovato varie versioni di documenti, dovendo prima stabilire quale fosse quella utile -, si ponesse un problema di sicurezza, trattandosi di uno spazio digitale esterno. Con dubbi «circa l’integrità, affidabilità, leggibilità, reperibilità e immodificabilità degli atti», tra cui lo stesso progetto del Ponte sullo Stretto, si legge nelle motivazioni della Corte dei Conti.

Compatibilità ambientale: le valutazioni dietro la discrezionalità politica

In ogni caso, dopo la richiesta di integrazioni al governo, si è arrivati a un’adunanza tra i giudici e i rappresentanti del ministero dei Trasporti. E poi alla decisione. Tra i nodi principali c’è quello delle valutazioni sulla compatibilità ambientale del progetto. Che aveva incassato un ni dalla commissione tecnica del ministero dell’Ambiente, con una bocciatura sull’incidenza in tre aree tutelate a livello europeo. Parere superato dal Consiglio dei ministri con la cosiddetta relazione Iropi: la dichiarazione di «motivi imperativi di interesse pubblico». Legati, specifica il governo, «alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica o relative conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente».

Motivi che supererebbero i rilievi e il parere della Commissione europea. Con cui comunque rimane un confronto scivoloso sul punto, come si evince dalla corrispondenza prodotta dal governo solo prima dell’adunanza. La Ue chiede specifiche garanzie, il governo risponde che la domanda è generica. Ad ogni modo, i giudici contabili ammettono che la dichiarazione Iropi sia un atto di discrezionalità politica prevista. Ma che, rilevano, deve comunque poggiare su valutazioni tecniche. E, nello specifico, la valutazione di soluzioni alternative e sui motivi dell’interesse pubblico, dalla salute alla sicurezza. Valutazioni su cui poggiare la legittima decisione politica, ma di cui nella relazione del governo non c’è traccia.

Direttiva appalti: un contratto diverso nella sostanza

La Corte passa poi a uno dei nodi che più espone lo Stato a possibili contenziosi. Cioè il rispetto della direttiva Appalti nelle modifiche apportate per resuscitare il contratto vecchio di anni, senza nuova gara. Solo un semplice aggiornamento di costi – specie dei materiali -, non oltre il 50 per cento previsto dalla legge, risponde il governo. Ma senza calcoli, dicono i giudici contabili. Per i quali, comunque, il problema principale è che le nuove «condizioni, se fossero state contenute nella procedura d’appalto iniziale, avrebbero attratto ulteriori partecipanti all’aggiudicazione». Aziende che oggi potrebbero fare ricorso. Per le «nuove modalità di finanziamento dell’opera», innanzitutto: oggi del tutto pubblica e non più in project financing al 60 per cento, come previsto nel 2012. E per il pre-finanziamento: di almeno il 10 per cento nel bando originario, ora accordato al 5 per cento. Modifiche «sostanziali» anche secondo i rappresentanti del ministero, ricordano i giudici.

Il colpo di scena sui pedaggi: utili solo alla gestione

E, a proposito di conti, tra i rilievi e le richieste di chiarimento dei giudici c’erano proprio quelli relativi ai dati di traffico e ai ricavi stimati, che risultavano disallineati. Un tema su cui sembra essersi consumato un colpo di scena. Proprio nel piano economico-finanziario del progetto – così come richiamato anche nella delibera Cipess – si stabilisce che ricavi e pedaggi «pur idonei a promuovere la continuità territoriale tra Sicilia e Calabria, siano “tali da perseguire la sostenibilità economica e finanziaria dell’opera“». Adesso, invece, durante l’adunanza con i giudici contabili, il ministero cambia linea. Sostenendo che, trattandosi di una «infrastruttura finanziata integralmente da fondi pubblici», il piano finanziario non debba «assicurare l’ammortamento del costo complessivo dell’investimento». E cioè il rientro, un po’ alla volta, delle spese per costruire il Ponte. I pedaggi, dunque, sarebbero utilizzati per la gestione dell’opera e per «politiche di coesione territoriale e sociale».


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