Polizia, ruoli investigativi negati alle donne «Ci bloccano la carriera, nonostante il talento»

«Zero donne in divisa nei commissariati e nelle stanze di polizia ferroviaria e di frontiera». È la denuncia del Coisp, sindacato autonomo di polizia. «Ad alcune di loro, mamme con figli piccoli, è stato comunicato che non sono adeguate a ruoli investigativi perché richiedono molto impegno», dice a MeridioNews il segretario provinciale Alessandro Beretta. Tra tutte le poliziotte «con rapporti informativi e note eccellenti alle quali viene negato il trasferimento», un caso è portato a esempio: «Una poliziotta aspetta da 24 anni ma è stata scavalcata anche da un collega con pari credenziali che aveva presentato richiesta sei mesi fa». Le decisioni sui trasferimenti interni sono proposte dai dirigenti dei singoli uffici, ma l’ultima parola spetta «alla questura di Catania che – denuncia il Coisp – si è riservata la discrezionalità assoluta in materia». Un potere che il sindacato giudica «illegale, contro tutte le norme sulla parità di trattamento tra uomini e donne». Fuori da ruoli investigativi, le poliziotte «non possono acquisire i titoli necessari a progredire in carriera e aspirare a posti di prestigio o comando», spiega Beretta. Circostanza che ha risvolti anche sui loro guadagni: «Fanno meno straordinari e quindi il loro stipendio è inferiore rispetto a quello dei colleghi».

«La realtà è questa – conferma a MeridioNews un’assistente capo della polizia – ma nessun dirigente lo ammetterà mai». La situazione è diversa solo «alla squadra mobile – puntualizza la poliziotta – per merito del suo dirigente, Antonio Salvago». Negli altri comparti, le donne sono ferme da anni a svolgere lo stesso compito. «Siamo stanche. Ci è negata la possibilità di mettere a frutto il nostro talento, di sentirci vive, importanti per l’amministrazione e la comunità». E quando il trasferimento o la promozione arriva, «anche se meritata sul campo e motivata dalle carte», è accompagna spesso dal solito ritornello dei colleghi: «Chissà che ha fatto per…». «Gratuito e disgustoso», commenta l’agente. Discorsi che si fanno nei corridoi delle caserme e «che io, anche se non sto partecipando alla discussione, blocco subito per difendere donne, uomini e omosessuali da qualsiasi illazione o discriminazione». 

C’è infine il tema della maternità, considerata un ostacolo alla carriera. «È solo una scusa e non è nemmeno più credibile da quando esiste il congedo parentale anche per gli uomini», dice l’assistente capo. Riferendosi al permesso per i padri di assistere per alcuni mesi, assentandosi da lavoro, i figli fino al dodicesimo anno di età. «Anzi, capita sempre più spesso che ad alcune colleghe siano negate le ferie proprio per assenza di uomini in paternità». La speranza è che «la situazione si sblocchi in fretta – conclude – e tante colleghe brave e motivate abbiano riconosciuti i loro diritti, come accade per gli uomini». 

«Le poliziotte sono decisive nei compiti di polizia giudiziaria – precisa infine il Coisp in una nota – si pensi ad una perquisizione nei riguardi di una donna che, per legge, deve essere effettuata da un poliziotto di pari sesso». E non solo, «molti servizi volti a debellare la prostituzione non vengono effettuati anche per mancanza di donne negli uffici investigativi». 


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«Una collega aspetta da 24 anni ma è stata scavalcata da chi, con pari credenziali, aveva presentato richiesta sei mesi fa». Così il Coisp, sindacato autonomo di categoria, denuncia la discriminazione subita dalle agenti. Spesso giustificata dalla famiglia: «Ma la maternità è una scusa e noi siamo stanche», racconta una poliziotta

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