Il peso delle sfide nei collegi dove si vince con un voto in più è un rebus anche per gli esperti. Ma è lì che si decidono gli equilibri del futuro Parlamento. In Sicilia ballano 27 fra senatori e deputati. L'elettorato deluso del centrosinistra può essere ago della bilancia come alle Regionali. Determinante anche chi sbaglierà a votare
Politiche, nomi o simboli: quanto pesa l’uninominale? Esperto: «Possibile il voto utile per M5s e molti errori»
Quale sarà l’impatto della rinascita del maggioritario sulle prossime Politiche? Anche se solo per il 37 per cento, i parlamentari della prossima legislatura saranno eletti grazie al temperamento uninominale su cui si regge il Rosatellum, la nuova legge elettorale che in realtà è di stampo prevalentemente proporzionale. La gran parte di deputati e senatori volerà così a Roma come quando c’era il Porcellum: tante “x” sul partito, tanti eletti pescati dai nuovi listini corti e bloccati che gli elettori troveranno sulla scheda accanto al simbolo. Accanto a questi elementi, ci sarà anche il nome del candidato del collegio uninominale. Vince, in ciascuna nuova ripartizione territoriale, chi prende un voto in più degli altri. Ogni coalizione o partito schiera un nome nei 27 collegi siciliani per Camera e Senato.
Fin qui il Rosatellum. Poi scattano i rebus. Ne è ben conscio Giancarlo Minaldi, politologo dell’UniKore di Enna. Innanzittuto sulle logiche che guideranno il voto: «Siamo molto curiosi, tutto è imprevedibile perché è la prima volta che la legge viene applicata – spiega il docente a MeridioNews – non abbiamo precedenti e per di più tantissimi sconoscono il nuovo sistema elettorale e come materialmente dovranno votare». Dubbio cruciale riguarda la novità dell’uninominale, dove centrodestra e Movimento 5 stelle si giocano la maggioranza in Parlamento per via dei collegi contesi, con la Sicilia nel ruolo di swing state, per dirla all’americana. Territorio in bilico, perché la prevalenza della coalizione di Berlusconi non è né troppo ampia né scontata. Secondo le ultime rivelazioni finirebbe 11-8 per FI e alleati, ma almeno in sei collegi dati agli azzurri, il vantaggio dei possibili vincitori può concretamente essere insidiato dai grillini.
Dunque uninominale decisivo, ma la dinamica elettorale di una sfida maggioritaria può rispondere a tutt’altri canoni del proporzionale. «Gli elettori potrebbero orientarsi verso il voto cosiddetto strategico, dato a chi ha più probabilità di vincere», ricorda Minaldi, circostanza che può ridimensionare il traino dei partiti. Da ultimo lo ha ribadito ieri pure Berlusconi: «Basta votare il simbolo». «Ѐ comprensibile – commenta il professore, rievocando le elezioni del ’94 e del 2001 – d’altronde con il Mattarellum il centrodestra soffriva gli uninominali, ad esempio quando gli elettori di An si trovavano a dover votare candidati della Lega».
Possono dunque tornare a prevalere gli uomini sui simboli? Risponde Minaldi: «Che ci sia un trascinamento dell’uninominale sul proporzionale è possibile, anche perché il voto disgiunto non è ammesso». Ecco un’altra delle insidie del Rosatellum: segnare il candidato del collegio e un partito a lui non collegato farà annullare il voto. Niente voti disgiunti come alle ultime Regionali, ma il comportamento dell’elettorato siciliano di quella tornata regala degli spunti, specie su Pd e alleati. Fronte dato per sconfitto in tutti i collegi isolani, e pure con distacchi importanti nonostante la linea dei pezzi da novanta, fra deputati e ras delle preferenze, precettati da Renzi per tamponare l’emorragia. «Una parte di quell’elettorato potrebbe votare le liste apparentate al Pd o il M5s, come accaduto a novembre». Peserebbe la tentazione del voto utile e ancor più trovarsi davanti i candidati deboli o sgraditi allo zoccolo duro, schierati dai renziani. «Al tempo del Mattarellum l’elettore di centrosinistra era più portato a votare il nome della coalizione, oggi potrebbe essere il contrario», ragiona Minaldi. Poi, va ribadito, ci sarà chi sbaglierà a votare per la confusione sul Rosatellum. Ecco perché prendere con la pinze i sondaggi, soprattutto quelli calibrati collegio per collegio. «Tutto può succedere».