Nonostante un litorale «pieno di ostacoli», le Caretta caretta sono tornate a deporre le loro uova sotto la sabbia di Catania. Ieri, quattro piccoli hanno rotto i gusci, incoraggiati dai cittadini a raggiungere il mare. «Peccato per un nido distrutto da un quad all'oasi del Simeto», dicono dal Wwf. Guarda il video
Playa, ieri nate quattro tartarughe marine «Ma lidi e cemento scoraggiano le madri»
«Forza!, che ce l’avete fatta». L’incoraggiamento, immortalato in un video, è rivolto ai due piccoli di
Caretta caretta che hanno rotto il guscio delle loro uova e sono usciti, alla ricerca del mare, ieri notte. Dopo la prima schiusa, il 27 agosto tra il lido Belvedere e il lido Le piramidi, quella di ieri è la seconda tornata di tartarughe Caretta caretta che vengono al mondo alla Playa. Due sono nate intorno all’una del mattino e altre due, invece, hanno visto la luce intorno alle 20.30. Tutte al villaggio Campo di mare, alle porte dell’oasi del Simeto.
«Da quel nido non ci aspettavamo molto – racconta
Oleana Prato, biologa marina volontaria del Wwf di Catania – In totale erano 24 uova, molto vicine al mare. Le altre probabilmente sono state portate via da una mareggiata. Noi, assieme al Fondo siciliano per la natura, abbiamo preso quelle rimaste e le abbiamo portate al sicuro. La Lipu, poi, è stata importantissima per il monitoraggio del nido. Con tutti quei movimenti, il rischio che non si schiudessero era molto alto. Anche se io, per la verità, ci credevo tanto». È Oleana, assieme allo staff dell’associazione animalista etnea di cui fa parte e di quelle con cui collabora (Swf e Lipu, appunto), a seguire la nascita delle tartarughine. E a controllare che i nidi non vengano disturbati. Come quello che si trova al lido Jolly, con 75 uova che aspettano di schiudersi a giorni.
«Non sappiamo se negli anni ci siano state altre deposizioni o altre nascite, semplicemente perché
non c’è mai stato un monitoraggio», continua Prato. Da giugno a metà agosto le tartarughe Caretta caretta depongono le uova sulle dune sabbiose dei litorali del Mediterraneo. E tornano a scavare le buche per i loro piccoli nel posto in cui sono nate. «Il percorso che fanno quando rompono il guscio, quei pochi metri fino al mare, serve loro per memorizzare l’odore e le caratteristiche chimico-fisiche di una spiaggia. Le ricorderanno per 25-30 anni. Quando, cioè, saranno in età da riproduzione e vorranno tornare nel posto in cui sono nate perché lo sentiranno sicuro», spiega Carlo Camera, biologo del Wwf anche lui, e responsabile per Catania del progetto nazionale Tartarughe. «È per questo che quando una tartaruga torna c’è da festeggiare. Perché probabilmente ne torneranno delle altre».
È possibile, per esempio, che i nuovi nidi scoperti alla Playa quest’anno siano stati impiantati dalla stessa Caretta caretta che, nel 2012, aveva
deposto 45 uova al lido Le Palme. «Le tartarughe si riproducono ogni due, tre anni – interviene Oleana Prato – I tempi sono coerenti. Ma non possiamo esserne certi». Quello che è certo, però, è che quest’anno le schiuse nel litorale etneo avrebbero potuto essere quattro, anziché solo tre: «Un nido all’interno dell’oasi del Simeto è stato ritrovato distrutto. Ci era passata sopra una persona con un quad», racconta l’esperta. E chissà quante altre uova non sono riuscite a portare a termine il periodo di incubazione. «Le uova vengono deposte a 15 metri dal mare. Proprio dove gli stabilimenti balneari mettono ombrelloni e sdraio. Le tartarughe arrivano su un litorale pieno di quelli che per loro sono ostacoli, si stancano e tornano in mare, preferiscono rilasciare le uova in acqua. Oppure, se scavano e le depongono, magari un bagnante le distruggerà piantando un ombrellone», dice Oleana Prato.
Alle insidie degli stabilimenti balneari, poi, vanno aggiunge anche le operazioni di pulizia della spiaggia. «I trattorini che vengono usati per pulire compattano la sabbia rendendo impossibile per le tartarughine uscire, per fare un altro esempio – interviene Carlo Camera – Ma non siamo noi a poterli costringere a pulire la spiaggia a mano. Il cemento e l’antropizzazione riducono i tratti di spiaggia libera in cui le tartarughe possono deporre le uova, eppure ancora nessuno si è posto il problema della
decementificazione in questi termini. Forse adesso, grazie a queste schiuse, qualcosa cambierà». La prima cosa da fare sarebbero i monitoraggi: «Ci vogliono tempo e risorse e noi siamo tutti volontari. Bisogna andare in spiaggia all’alba, controllare le tracce e mettere in sicurezza i nidi». Un lavoro lungo e complesso. «I titolari degli stabilimenti balneari ci stanno dando una grossa mano», ammette Carmera. E la collega Prato conclude: «Ho visto i villeggianti della frazione Zammara del villaggio Campo di mare fare da schermo umano alla luce dei lampioni, che confondeva le tartarughine. La gente ha dimostrato una partecipazione incredibile. È questo che fa la differenza e fa ben sperare per il futuro».