“La svolta drammatica che vive oggi l’Autonomia Siciliana non è che il risultato più evidente della volontà del Governo nazionale di mortificare gli istituti democratici del Paese per fare passare le linee di sviluppo del capitalismo monopolistico”. Lo scriveva Pio La Torre nel 1965 e il suo pensiero, su questo tema come su altri, risulta quanto mai attuale.
Cosa è, infatti, il tentativo di svolta centralista che il Governo Renzi sta cercando di imprimere alla riforma del Titolo V della Costituzione? Togliere poteri alle regioni come vuole fare l’attuale Governo a chi conviene? Ci sono ancora oggi poteri finanziari che non vogliono ostacoli democratici ai loro piani?
Pio La Torre, già allora, fiutava l’aria di un capitalismo che voleva sostituirsi alle istituzioni democratiche. E, il progetto, presumibilmente, è andato avanti fino ad oggi.
Pio La Torre è stato uno strenuo difensore di quella grande conquista democratica che è l’Autonomia Siciliana e che lui stesso definiva come “uno strumento valido di sviluppo e oggetto di una offensiva (sul piano politico e giurisdizionale) da parte dello Stato che mira a svuotarla” scriveva il segretario del PCI.
Oggi, con una superficialità a volte imbarazzante, si confonde l’Autonomia, la sua storia, i suoi Padri Nobili, con quei pessimi politici che, purtroppo, hanno comnadato in Sicilia.
Differenza che aveva ben chiara il segretario del PCI siciliano, come si evince da questo suo straordinario articolo dal titolo “Sicilia e Stato” che sembra scritto ieri.
Già solo l’incipit la dice lunga:
“La svolta drammatica che vive oggi l’Autonomia siciliana non è che il risultato più evidente della volontà del Governo di mortificare gli istituti democratici del nostro Paese, per fare passare le linee di sviluppo del capitalismo monopolistico”.
La Torre, quindi, parla di una “vera e propria offensiva degli organi dello Stato, sul piano giurisdizionale e su quello politico, contro i poteri delle Regioni e viene spinta alle estreme conseguenze l’azione di svuotamento dell’Autonomia siciliana”.
Per il segretario del PCI, dietro c’ solo “il grande patronato che con l’offensiva in corso, punta decisamente ad imporre, ancora una volta, il meccanismo del profitto monopolistico sulla pelle dei lavoratori e della democrazia.
“Compenatrazione con il capitale straniero, aumento della produttività con l’intensificarsi dello sfruttamento, licenziamenti e riduzioni di orari di lavoro: ecco cosa ci si presenta davanti” dice La Torre.
“Ancora una volta tutta la fascia di piccola e media impresa che pure aveva avuto uno sviluppo nello stesso periodo del miracolo, viene colpita perché tagliata fuori da questo processo di razionalizzazione monopolistica”.
Un disegno dunque ben preciso delle oligarchie finanziarie contro i poteri delle regioni. Il quadro tracciato da La Torre, che vale la pena leggere per intero, rimanda inevitabilmente a quello di oggi.
Le similitudini sono impressionanti.
Anche quando in questo passaggio scrive che “l’offensiva monopolistica e la recessione colpiscono la già fragile economia siciliana: crisi e disoccupazione di massa nell’edilizia e nell’industria collegata; crisi della piccola e media impresa del manifatturiero; crisi del commercio e nel terziario; ulteriore aggravamento dela crisi delle campagne”.
Sembra che parli della Sicilia di oggi. E, in effetti, anche oggi, abbiamo il dovere di chiederci se dietro l’attacco ai poteri delle Regioni e quindi all’Autonomia siciliana, non ci sia in realtà, come sospettava La Torre, una qualche oligarchia finanziaria che non vuole perdere tempo a confrontarsi con gli istituti democratici per imporre un capitalismo monopolistico dal volto molto poco ‘umano’.
(Era la mattina del 30 aprile 1982 quando il segretario regionale del PCI siciliano, veniva ucciso a Palermo mentre stava raggiungendo la sede del partito in Via Turba, a bordo di una macchina guidata da Rosario Di Salvo, che perde la vita insieme a lui. Negli anni Cinquanta, Pio La Torre è stato uno dei simboli del movimento sindacale dei braccianti siciliani per il diritto alla coltivazione delle terre e poi, fino alla sua morte, della lotta alla mafia. Grazie al suo impegno è stato inserito nel codice penale il reato di associazione mafiosa, fino a quel momento non passibile di condanna. La legge Rognoni-La Torre (Legge 13 dicembre 1982 n. 646) previde inoltre la confisca dei beni riconducibili alle attività illecite dei condannati. Sul suo micidio più dubbi che certezze. Era inviso ai poteri forti italiani ed esteri (nella storia è rimasta la sua battaglia contro i missili nucleari a Comiso), ma anche a molti compagni del suo partito più inclini al compromesso e all’ascarismo).
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