Piera Aiello, a viso aperto contro Cosa nostra

“Maledetta mafia” è il titolo di un libro edito dalla San Paolo, scritto a quattro mani da Piera Aiello con il giornalista Umberto Lucentini. E’ la testimonianza di una ragazza – oggi una donna – che ha avuto il coraggio di dire “no” a Cosa nostra. Una storia che risale ai primi anni ’90 del secolo scorso. Vicenda esemplare di coraggio civile, che si consuma in una provincia – Trapani – negli anni in cui al vertice della Procura della Repubblica di Marsala c’è un un uomo eccezionale: Paolo Borsellino.

“Non ho mai avuto paura di morire – ricorda oggi Piea Aiello in un’intervista rilasciata ad Affaritaliani.it -. Quando hanno ucciso mio marito ero presente e ho visto la morte da molto vicino, il mio timore più grande era ed è quello di non essere ascoltata o ignorata”.(a destra, foto tratta da ilfattoquotidiano.it)

Oggi Piera Aiello è una quarantenne. Da allora sono passati, infatti, vent’anni. Ma allora dimostrò – ad appena 24 anni – di avere un coraggio civile fuori dal comune. E’ lei che sopravvive a un agguato mafioso in cui muore il marito, Nicola Atria, figlio di don Vito, boss di Partanna, grosso centro della valle del Belìce, nel Trapanese. Ed è lei che decide di rompere il silenzio e di raccontare tutto quello che aveva visto.

In questa sua scelta che le cambierà la vita non sarà sola. Avrà accanto, come già ricordato, personaggio eccezionale: il giudice Paolo Borsellino, l’uomo delle istituzioni che la mafia ammazzerà nel luglio del 1992 a Palermo, con le bombe di via D’Amelio. E’ proprio lo “zio Paolo” – questo il nome con il quale Piera Aiello chiamava affettuosamente il giudice Borsellino – a darle coraggio quando la donna, che allora era una giovane ragazza, decid di raccontare tutto agli inquirenti.

Le cronache di quegli anni ricordano anche il sacrificio di Rita Atria, cognata di Piera, che a soli 17 anni lascia dalla madre per seguire, appunto, Piera.

Anni tremendi. In questa sua scelta difficile anche Rita Adria è sostenuta dal giudice Borsellino. La madre, però, non perdonerà alla figlia di avere scelto di collaborare con lo Stato. Poi la strage di via D’Amelio. Un dramma che segna nel profondo Rita Atria, che decide di togliersi la vita. Dolore su dolore.

Il passato. Ma anche il presente. Da allora ad oggi sono passati più di vent’anni, Oggi Piera Aiello ha una nuova identità. “Ma visto che il passato non si dimentica e si riflette nel futuro – leggiamo su Affaritaliani.it . ha deciso di raccontare la sua storia in un libro, “Maledetta Mafia”..

“Ho scelto quasi inconsciamente, senza pensarci – racconta oggi la donna -. Oggi si sa che cosa significa diventare un testimone di giustizia, ma allora non c’era alcuna consapevolezza. Ho assistito all’omicidio di mio marito, un uomo che mi ha picchiato più volte, e dopo la sua morte avevo un forte desiderio di libertà e di giustizia”.

Da quei giorni sono passati vent’anni. Oggi Piera Aiello ragione a freddo sulla mafia. E spiega: “Chi oggi decide di abbracciare il sistema mafioso, lo fa con maggiore cognizione di causa e questo è ancora più grave. Cosa Nostra, la camorra, la ‘ndrangheta trionfano dove regna l’ignoranza e manca il lavoro. La mafia prende la gente per fame, ma questo lo Stato non lo capisce. C’è gente disposta a vendersi per molto poco o perché non ha un tozzo di pane”.

Non manca, nell’intervista, qualche considerazione sulle donne nel nostro Paese. “Credo – dice Pera Aiello – che esistano tante femminucce, donnicciole, disposte ad accantonare la dignità per un piccolo spazio di notorietà. Il modello imposto dalla televisione e da Silvio Berlusconi è deleterio per i giovani, non possiamo salire tutti sul palcoscenico. Essere onesti, come la storia di Falcone, Borsellino e tanti altri insegna, non paga, ma resto convinta sia più dignitoso mangiare un pezzo di pane che abbia il sapore della libertà invece che sedersi a una tavola imbandita preparata da altri”.

Immancabile il passaggio sulla figlia, Vita Maria: “Ancora oggi il nostro rapporto è molto complesso, combattuto. Ci siamo trovate a vivere una situazione paradossale ed è difficile trovare un equilibrio. Mi sforzo il più possibile di condurre una vita normale, ma non posso scordare il mio passato che, inevitabilmente, si riflette nel futuro”.

Bello il ricordo di Paolo Borsellino: “Un secondo padre – dice – un fratello. All’inizio è stata durissima, avevo 24 anni e una figlia di tre da mantenere. Sono diventata madre prima che donna. Zio Paolo mi ha dato fiducia, affetto, era un grande uomo, molto umile, non potrò mai dimenticarlo”.

Di ricordo in ricordo: ecco la morte della cognata: “In quel momento ho dovuto combattere una guerra durissima. In pochi giorni avevo perso Zio Paolo, che era il mio punto di riferimento, e Rita da cui mi sono sentita tradita, non capivo perché mi avesse lasciato sola. Sua madre mi ha sempre incolpato della sua scelta di collaborare e del suicidio, senza rendersi conto che in realtà non avevo mai spinto Rita a seguire la mia strada. Era troppo giovane per vivere una vita di sacrifici e privazioni come quella dei testimoni di giustizia. La sua morte è una ferita ancora aperta. Per due anni mi sono chiusa in un convento, non leggevo i giornali e non guardavo la televisione, mi sono estraniata dal mondo”. (sopra, a destra, un’immagine di Rita Atria tratta da spaziogiovanialkale.com) 

Poi il ritorno alla vita: “Quando sto da sola mi rigenero – racconta oggi Piera Aiello -. Non posso camminare se non mi reggo sulle mie gambe senza dovermi appoggiare. Sono sempre stata una donna ribelle, indipendente. Può sembrare insensato, ma mi piace sbagliare, a patto che lo faccio da sola. L’importante è non avere rimpianti”.

La vita da testimone di giustizia. Con il cambio di identità. E’ stata dura? “Moltissimo. Quando mi sono riappropriata di un’identità, anche se non era più la mia, ho pianto. Ancora oggi quando vado in un posto, dove mi chiedono di dare i documenti, provo una strana felicità a consegnare la mia carta d’identità”.

Oggi Piera Aiello si reca nelle scuole per raccontare la sua storia. “I ragazzi – dice – mi danno coraggio, forza, sono molto più percettivi degli adulti. Mi piace consegnare a loro quello che ho imparato nella mia vita e che alcuni personaggi, come Paolo Borsellino, mi hanno insegnato”.

“Sono stata corteggiata da molti partiti – conclude – ma voglio continuare a essere un personaggio pubblico e non mediatico”.

Foto di prima pagina tratta da pianetadonna.it

 

Redazione

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