Piazzale Oceania dedicato a Candido Cannavò Quando scrisse: «Con Massimino non si costruisce nulla»

«Il nocciolo del problema è Angelo Massimino, col quale non si costruisce nulla». Candido Cannavò, direttore della Gazzetta dello Sport, sulle pagine della rosa liquida con un’affermazione lapidaria l’estromissione del Catania dal calcio professionistico nazionale. Siamo alla fine di luglio del 1993 e la società rossazzurra, per un debito fiscale di oltre cinque miliardi nei confronti dello Stato, viene cancellata dalla Federcalcio. Il massimo responsabile della più importante testata sportiva italiana, catanese verace, sul suo giornale individua nel presidente Angelo Massimino – di cui ricorre il 19esimo anniversario della morte – l’unico colpevole dell’errore che, in quella torrida estate, segna la scomparsa del club etneo. Una posizione che in quel momento sorprende e indispettisce i tifosi rossazzurri.

In realtà, la vicenda del ’93 sembra di ordinaria gestione per i consulenti contabili del Catania. Secondo l’ordinamento giuridico emanato per le zone colpite dal sisma del 1990, il cosiddetto terremoto di Santa Lucia, la somma che il club deve al Fisco può essere rateizzata in quattro anni senza interessi. La Co.Vi.Soc però, l’organo di vigilanza sulle società di calcio, la pensa diversamente. E il 31 luglio priva il Catania del titolo sportivo.

Oggi, a distanza di 22 anni, l’intitolazione di Piazzale Oceania alla memoria del grande giornalista sportivo, celebrata dai vividi colori del murales di Andrea Marusic, riaccende il malumore di un passato mai dimenticato.   

«Che Candido Cannavò sia stato uno dei più grandi giornalisti sportivi italiani non è in discussione. Che sia giusto che la sua città d’origine lo ricordi, lo può essere altrettanto. Ma cosa c’entra associare i suoi colori al Catania Calcio? Ricordare la storia è importante, perché chi è senza memoria non potrà mai avere coscienza di sé. Candido Cannavò, nell’estate del 1993, quando il Cavaliere Massimino combatté da solo per la sopravvivenza del Catania, non era schierato al fianco del Catania».

È il messaggio di profondo dissenso da ieri in bella evidenza sul profilo di Facebook che promuove Quando saremo tutti nella Nord, il libro di Luigi Pulvirenti e Michele Spampinato che racconta una lunga fetta di storia del tifo rossazzurro. Una nota chiara e perentoria.

Che però stride con le parole estemporanee del sindaco Enzo Bianco: «Catania ha un obbligo morale nei confronti di Candido Cannavò, grande giornalista, amato e stimato da diverse generazioni di lettori e ricordato ancora con affetto in tutta Italia». Già, in tutta Italia. A Catania, però, quella scelta controcorrente non è mai stata digerita.

Proprio venti anni fa sullo scranno più alto di Palazzo degli Elefanti sedeva lo stesso uomo. Il quarantaduenne Enzo Bianco. Che a poche ore dal micidiale pronunciamento della Federcalcio si propone di andare oltre e guarda già al futuro: «Abbiamo fatto tutto il possibile per salvarla – spiegò allora il sindaco – Chiuso il capitolo Massimino da domani lavoreremo perché con la maglia consueta e con la scritta Città di Catania in C1 ci sia una squadra che ci riporti rapidamente alle mitiche glorie. Lunedì contatteremo i dirigenti della Leonzio per colmare il vuoto lasciato».     

Anche la scelta del giovane sindaco, che sostiene la candidatura dell’Atletico Leonzio di Franco Proto, verrà presa male dai tifosi del Catania. Dopo i ripetuti interventi della giustizia ordinaria, che riammette il Catania in C1 contro la volontà della FIGC, si arriva alla partita fantasma. Domenica 3 ottobre è prevista Catania – Giarre, la gara voluta dal commissario ad acta Giuseppe Albenzio incaricato dal Tar di riscrivere il calendario del campionato. Il Giarre non sbucherà mai dal sottopassaggio del Cibali. Allo stadio però ci sono diecimila persone in attesa. E in tribuna A girano cartoncini bianchi sui quali campeggia una frase eloquente: Bianco non sei catanese.     

Uno strappo che non sarà mai ricucito veramente. Rattoppato alla meno peggio solo dal trascorrere del tempo.    

Corsi e ricorsi si intrecciano oggi nel ricordo di un passato fatto di amarezza ma compensato da una grande risalita. Seppur sofferta. Che si legge chiaramente nel messaggio sull’accostamento di Candido Cannavò al Calcio Catania lasciato sulla pagina Facebook Quando saremo tutti nella Nord:

«Ciò che è più grave è che si schierò contro il Catania. Poteva orientare il giornale da lui diretto, il più importante, nel senso di raccontare la verità dei fatti per come si stavano svolgendo. Poteva scrivere dell’enorme abuso di potere che si stava commettendo. Ed invece nelle colonne della Gazzetta dello Sport anche attraverso gli editoriali di Alfio Caruso, si leggevano solo parole di fuoco, sprezzanti, di condanna, di un uomo considerato ignorante, non presentabile, che era giusto spazzare via dal calcio. Per questo, associare il volto di Candido Cannavò ai colori rossazzurri è un attacco alla memoria che non possiamo consentire». 


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La decisione di intitolare la piazza allo storico direttore della Gazzetta dello Sport accende la polemica. La miccia: un murales con i colori rossazzurri. I tifosi del Catania non hanno perdonato al giornalista quella scelta del '93, quando preferì non sposare la causa del Catania che veniva cancellato dalla Federcalcio

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