Per una volta non si deve fare appello al solito luogo comune della città dalle mille contraddizioni. Niente di strano sotto i fari del tribunale, ci sono solo tante persone, di etnia e colore diverso, che si godono la città alla quale tutti, indistintamente appartengono
P.zza Vittorio Emanuele Orlando esempio integrazione Da skater che sfidano il caldo a chi gioca a mosca cieca
L’estate palermitana è ancora una volta caldissima. Il sole però non ferma i ragazzini che, approfittando delle scuole chiuse, battono palmo per palmo strade e piazze riempendo i punti di aggregazione. Tra questi c’è sicuramente il nuovo piccolo paradiso per gli skater costruito nella piazza di fronte al tribunale: dai bambini più piccoli fino ai ragazzi più grandi, tutti trovano lo spazio per fare un salto o anche semplicemente una scivolata dalle rampe. Ma è quando il sole cala e la temperatura si fa più gradevole, che si compie il miracolo di piazza Vittorio Emanuele Orlando.
C’è ancora un barlume di luce, delle ragazzine cingalesi, con i loro vestiti dai colori sgargianti, giocano a mosca cieca. Un gioco antico, ma in un contesto moderno e comunque sempre divertente. Poco distante mamme e sorelle, anche loro coloratissime, le osservano tra una chiacchiera e l’altra. Nello spiazzale superiore, quello più vicino alla recinzione del Palazzo di giustizia, come ogni sera, vanno in scena le interminabili partite di calcio. Gran parte dei giocatori, vestiti con scarpe adatte, calzettoni e pantaloncini, sono di origine africana. Sulle loro spalle non portano i nomi dei grandi campioni: i Messi, i Neymar, ma, come gran parte dei ragazzi palermitani, quelli dei loro idoli: i Corini, gli Amauri, c’è persino qualcuno che ha perdonato Luca Toni.
Il sottofondo è sempre quello delle ruote degli skate e biciclette che sfrecciano tra le rampe. Alcuni bambini palermitani erudiscono un coetaneo bengalese, fisicamente più piccolo e minuto di loro, sulle responsabilità di chi deve stare in porta e sui pericoli dati dalla schizofrenia del rimbalzo del Super Santos. La nonna del bambino, seduta su un muretto, sembra concentrata a leggere una rivista, invece è lì che fa il video con il suo tablet: «Lo sto mandando a mio marito, è lontano», dice. Ci sono anche degli anziani che si godono un gelato su una panchina, mentre la movida inizia a fare tappa al chiosco del tribunale, da Benny o negli altri locali sulla strada. «Abito qui da 50 anni – dice l’uomo della coppia – sono cresciuto al Capo e poi, da sposato, sono andato a stare in via Turrisi. Prima passavo sempre da qui, ma ora mi piace e ci vengo volentieri».
Anche i cani si divertono. Quelli portati a sgambare dai padroni provano a stimolare la pigrizia dei randagi, grassocci e malaticci, che neanche abbaiano più quando sentono riecheggiare la musica delle band di ragazzi che provano nei garage sotterranei. E per una volta non si deve fare appello al solito luogo comune della città dalle mille contraddizioni. Niente di strano sotto i fari del tribunale, ci sono solo tante persone, di etnia e colore diverso, che si godono la città alla quale tutti, indistintamente appartengono. In una fotografia, una delle poche, che ritraggono Palermo davvero come una grande capitale europea.