Salvatore La Fata ha ustioni sul 60 per cento del corpo ed è ricoverato nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Acireale. Si è incendiato i vestiti ieri mattina, dopo che una pattuglia della polizia municipale gli ha sequestrato la bancarella abusiva con la quale vendeva fichi d'india e olive. «Era disoccupato da due anni, senza lavorare non si sentiva realizzato», racconta il parente, arrivato sul posto poco dopo i fatti
Piazza Risorgimento, grave l’ambulante Il fratello: «Nessuno ha provato a fermarlo»
«Lui gliel’ha detto che se lo costringevano ad andare via lui si dava fuoco, ma nessuno l’ha fermato quando è andato al rifornimento di benzina, nessuno». Sergio La Fata parla dal reparto di rianimazione dell’ospedale di Acireale. È lì che, intorno alle 13 di ieri, è stato trasferito suo fratello, dopo essere stato sottoposto a un intervento chirurgico al Centro grandi ustionati del Cannizzaro di Catania. Salvatore La Fata, 56 anni, ha ustioni sul 60 per cento del corpo. Si è cosparso di carburante ieri mattina, in piazza Risorgimento, quando alcuni uomini della polizia municipale gli hanno sequestrato la sua bancarella abusiva di fichi d’india e olive. La Fata era disoccupato da due anni, da quando l’ultimo cantiere edile in cui lavorava aveva chiuso «dopo alcuni controlli», spiega il fratello, più giovane di quattro anni.
«Mio fratello si occupava di movimento terra, aveva sempre lavorato, per tutta la vita. Ma quando non c’è lavoro non ce n’è per nessuno e circa due anni e mezzo fa l’hanno lasciato a casa», racconta. «Tirava avanti, da sei, sette mesi si era messo a vendere qualcosa in piazza Risorgimento, non aveva manco una bancarella, erano solo un paio di casse per la frutta messe una sopra l’altra». Due figli, una di 24 e l’altro di 18 anni, e una moglie: «Lei lavora, ma quando lui non ha più portato lo stipendio a casa l’ha presa malissimo, aveva bisogno di essere indipendente, senza lavorare non si sentiva realizzato», prosegue Sergio La Fata, disoccupato anche lui da qualche tempo. «Io non c’ero, mi hanno chiamato subito alcune persone che mi conoscono ricorda Mi hanno detto quello che era successo a mio fratello».
Salvatore La Fata adesso è in coma farmacologico: «La mia paura è che non ce la possa fare, ridotto così com’è, mai ho visto una cosa del genere», dice il familiare. Cosa sia passato per la testa dell’uomo mentre si buttava addosso la benzina suo fratello Sergio non riesce a immaginarlo: «Io credevo che fosse tranquillo, forse in quell’attimo non ha ragionato più». In questa vicenda, però, una certezza c’è: «L’incapacità dello Stato di gestire un momento di crisi lavorativa, la follia delle istituzioni che non riescono a prendersi cura di un disoccupato».
«Era un operaio specializzato, un escavatorista, una figura abbastanza ricercata per il livello di competenza che deve avere», afferma Claudio Longo, segretario generale del sindacato Fillea Cgil, al quale Salvatore La Fata era iscritto da più di trent’anni. «Dopo tanti anni, ovviamente c’è un rapporto di amicizia, veniva qua in sede e finché ha lavorato ci siamo visti spesso nei cantieri». Gli operai edili, chiarisce Longo, difficilmente hanno un impiego fisso: «Girano dove c’è lavoro, ma da un po’ di tempo non si sa proprio dove andarlo a cercare. E la gente si arrangia, Salvo pure». La merce che esponeva ieri mattina «aveva un valore complessivo di neanche 20 euro, poca cosa». Il sequestro, però, lo ha spinto a un gesto estremo: «Conoscendolo l’ha fatto per protesta, perché in quel modo era come se lo spingessero a rubare».
Lui, poi, che sul fronte delle rivendicazioni sindacali era attivissimo: «A gennaio avevamo fatto una manifestazione sotto alla prefettura, per chiedere un tavolo di discussione arringa il sindacalista Volevamo solo che si togliessero dai cassetti i progetti pronti e che si mandassero in cantiere, così da dare un po’ di respiro ai lavoratori e far ripartire un po’ di economia. Sono passati nove mesi, ancora il tavolo non è stato convocato. Salvatore era a protestare con noi, e quello che sta vivendo lui lo stanno passando altri diecimila lavoratori edili di Catania licenziati negli ultimi anni».
Per il momento, sulla storia di Salvatore La Fata, Fillea Cgil ha scelto la strada del silenzio: «Non faremo niente, ci sembra dovuto un po’ di rispetto, poi vedremo come comportarci. Le manifestazioni o i convegni non bastano più, sono il primo a non crederci. Se non ci ascolta nemmeno più la prefettura, di che stiamo parlando?», si domanda Claudio Longo. E conclude: «Ma c’è una cosa che mi tormenta: come ha avuto Salvo il tempo di andare a comprare la benzina e darsi alle fiamme? Com’è che nessuno glielo ha impedito?».