Piazza Cutelli, il presepe dell’integrazione alla Civita Dalla moschea al chiosco: «Qua siamo tutti compari»

«È bellissimo. L’hanno fatto qui nel quartiere e noi siamo andati a vederlo, mette felicità». Ismail Bouchnafa è il direttore della moschea della Misericordia, in piazza Cutelli, la più grande del Sud Italia. A pochi passi dalla porta d’ingresso, sulle aiuole, ci sono una capanna di legno con Maria, Giuseppe e la mangiatoia di Gesù bambino: il presepe se lo sono organizzato i residenti del dedalo di viuzze del centro storico che compongono il quartiere della Civita. Ad avere l’idea il signor Pippo, detto il magnaccia, «perché a casa non alzava un dito e quando sua moglie gli chiedeva di fare qualcosa lui non la faceva. Accussì c’arristau ‘u peccu». È così che è nata la sua ingiuria, il nomignolo dialettale che i siciliani si affibbiano tra loro, e gli è rimasta.

Le lucine a intermittenza sono attaccate all’energia elettrica dell’edicola in piazza, i personaggi li ha comprati il signor Pippo, dopo una colletta messa in piedi da una ventina di persone, al montaggio della struttura ci hanno pensato tutti insieme. In un paio di giorni di lavoro, ostacolati dalle piogge che hanno investito il capoluogo etneo nella settimana prima di Natale. «Lo facciamo da quand’è morta quella signora», racconta Angelo, 75 anni. Il riferimento è a Patrizia Scalora, 49 anni, vittima del crollo della parte sommitale di una delle piante dello slargo. Quel giorno – era il 23 ottobre 2014 – era seduta al sole con la figlia, rimasta illesa, quando la caduta del tronco l’ha ferita a morte. «Da allora, proprio dove lei è morta, facciamo un ricordo per Gesù bambino», spiega l’anziano.

Da quest’anno, però, la rappresentazione della natività è stata spostata un’aiuola più in là, per sfruttare l’allaccio all’Enel del negozio di giornali. «Ci regala la luce, ci fa ‘sta cortesia». Ma non tutto è stato rose e fiori, non sempre. L’anno scorso, dopo il 25 dicembre, la statua del bambinello è stata rubata nottetempo. «Su’ futtenu – racconta Benedetto, 35 anni, in piedi di fronte alla porta di un bar-centro scommesse – Ma poi, fortunatamente, l’abbiamo ritrovato. Mio cugino stava uscendo di casa e se l’è ritrovato di fronte alla porta». «Un miracolo», ride Raimondo, 43 anni, in piedi accanto a lui. «Visto che non c’è manco una stella di Natale, un pochino di aria natalizia ce la costruiamo noi», prosegue Benedetto. Attorno al presepe c’è un manipolo di gente. C’è il genero di Pippo, ma Pippo non si fa vedere. «Siamo cattolici, lo facciamo per devozione e per le persone. Diamo una bella immagine quando le persone passano – dicono altri anziani – Costerà 250 euro, ma co’ cori». 

Il cuore, si sa, sotto le feste è importante. A guardare l’installazione ci sono anche alcuni dei fedeli della moschea, in attesa di entrare per la preghiera. «Per noi questi sono giorni come tutti gli altri – continua Ismail Bouchnafa – Ma capiamo il momento di gioia e siamo gioiosi anche noi. Siamo fratelli di tutti». «Sono compari», li definisce un ragazzo che passa. «Questa è un’isola felice – aggiunge il direttore della moschea – Con tutto quello che succede nel mondo, qua nessuno è venuto mai a dirci niente. Ci aiutiamo tutti se abbiamo bisogno, tra di noi e nel quartiere». Lui è in Italia da trent’anni, suo figlio ne ha 21 ed è nato qui: «In questi giorni esce con gli amici e festeggia così. Un modo per stare insieme, ciascuno con le sue tradizioni e la sua religione».


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I residenti del quartiere - guidati dal signor Pippo, detto il magnaccia - realizzano ogni anno una riproduzione della natività. In un paio di giorni montano la grotta, attaccano le lucine e sistemano i personaggi. Una tradizione cominciata nel 2014, quando il crollo di una palma ha ucciso una donna di 49 anni

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