Piano Energia, torna il rigassificatore di Porto Empedocle: tra ripensamenti e il nodo del gasdotto bocciato dal Tar

«Le idee chiare e il cioccolato denso», recita un detto spagnolo. Ma qui siamo in Italia, per l’esattezza in Sicilia, e tutto non si può avere. Sembra essere questo il riassunto della vicenda del possibile rigassificatore di Porto Empedocle, nell’Agrigentino. Tirato fuori dal cassetto di recente, abortito dal governo nazionale appena qualche mese fa e ora rientrato dalla finestra con l’ultimo decreto Energia nazionale. Un progetto che però, ancora prima di partire davvero, rischia di essere già monco, a causa del recente stop del Tar a un’opera connessa: il gasdotto che dovrebbe immettere il gas lavorato dal rigassificatore nella rete del metano. E senza la quale l’impianto stesso risulterebbe inutile. E così, mentre il presidente della Regione Renato Schifani continua a definire la Sicilia il prossimo «hub energetico del Mediterraneo», lo scenario resta poco chiaro. E il cioccolato liquido.

Liquido come il gas che dovrebbe arrivare in Sicilia in apposite navi gasiere per essere lavorato – abbassandone la temperatura a circa 160 gradi sotto lo zero e utilizzando l’acqua di mare – nel possibile rigassificatore per tornare allo stato aeriforme. E da lì arrivare, attraverso apposite condutture, nella rete del metano gestita da Snam. Il progetto targato Enel prevede la realizzazione dell’impianto nella zona ex Asi del porto di Porto Empedocle: con un investimento di oltre un miliardo di euro, quattro anni stimati per i lavori e una capacità di rigassificazione del metano di otto miliardi di metri cubi all’anno. Presentato a inizio anni Duemila, da allora il piano è rimasto nel cassetto. Per essere ripescato da Enel a metà del 2022, sondando l’interesse dei governi regionale e nazionale.

Ma intanto le autorizzazioni erano pure scadute e le risposte contraddittorie: se da un lato, ad agosto, il ministero dell’Ambiente aveva escluso l’opera di Porto Empedocle da quelle previste nel piano energetico inviato all’Europa – ammettendo solo Piombino e Ravenna ma restando aperto a «ulteriori iniziative nel sud Italia e in Sardegna» – dall’altro, il governo regionale a metà settembre concedeva a Enel la proroga dei termini per la realizzazione. Fino ad arrivare a questi giorni, quando nel nuovo decreto nazionale lo stesso ministero ci ripensa. «Abbiamo approvato una norma per considerare di pubblica utilità, indifferibili e urgenti, i terminali di rigassificazione di gas naturale liquido on-shore e le infrastrutture connesse – afferma il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin – È una norma importante per impianti come Porto Empedocle e Gioia Tauro». È così che si ripesca il progetto siciliano e la Sardegna risulta non pervenuta.

Indecisione a parte, a rimanere è il problema di come collegare questo futuro rigassificatore alla rete del metano. Collegamento senza il quale l’intero impianto non avrebbe senso di esistere. E per cui c’era già una richiesta di autorizzazioni da parte di Snam. Anch’essa ormai scaduta, con una richiesta di proroga respinta e bocciata definitivamente dal Tar che, a ottobre, dichiarava inefficace la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e quindi non più autorizzabile. Adesso è tra le righe del nuovo decreto Energia che si concentrano le speranze di chi punta al rigassificatore: nella parte di testo in cui si dichiarano strategici le opere di costruzione ed esercizio dei rigassificatori «nonché le connesse infrastrutture, per le quali, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, sia stato rilasciato il provvedimento di autorizzazione». Per i rigassificatori o per le opere connesse come il gasdotto, nel caso in cui – come in Sicilia – non coincidano? Nella migliore delle ipotesi, una richiesta da ripresentare, con relativo allungamento dei tempi di realizzazione di tutta la filiera.

È questo il nodo burocratico-legislativo che adesso verrà studiato da chi è contrario al progetto, comunità locali comprese, perché ritenuto troppo vicino alla Valle dei Templi e impattante sul paesaggio, nonostante le due cisterne quasi del tutto interrate. «Verificheremo con un pool di avvocati se ci sono i margini per impugnare questo decreto ed eventuali nuove richieste di autorizzazione – spiega a MeridioNews Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia – Si continua a cercare di forzare la mano su interventi definiti strategici ma contrari alla tutela ambientale e, spesso, alla legge. Progetti di cui bisognerebbe anche vagliare la reale utilità, soprattutto in base agli obiettivi europei di decarbonizzazione».


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