La finta amante e la minaccia su Instagram: così il boss studiava come vendicare il figlio

«Goditi i giorni di pace che appena arriva la guerra non ti piacerà». Questa frase compare sullo schermo di un cellulare, in una chat Instagram, la sera del 10 giugno 2025. A riceverla è un ragazzo appena maggiorenne, mai sfiorato da intimidazioni di questo genere. Ma da quando il fratello è stato arrestato con l’accusa di omicidio, c’è qualcosa che non torna. Il parente è accusato di avere accoltellato a morte, il 20 aprile 2025, Nicolò Lucifora durante una lite in strada a Francofonte, nel Siracusano. La vittima era anche il figlio di Pietro Lucifora, ritenuto il boss del clan mafioso degli Scalisi.

Comincia così la ricostruzione da parte degli inquirenti, del piano del boss di Adrano per vendicare la morte del figlio. Dettagli e aneddoti sono contenuti nell’ordinanza di custodia cautelare che ha fatto scattare un blitz antimafia alle pendici dell’Etna con 14 persone sottoposte alla custodia cautelare in carcere. Altri, nei giorni scorsi, sono stati sottoposti a fermo. Stando alle accuse, ad avere un ruolo nell’organizzare la vendetta sarebbero stati almeno in sei. Oltre a Lucifora, la convivente Soraya Pantò, il fratello Mario – zio della vittima -, Pietro Salvatore Schilirò, la convivente e la figliastra, con gli ultimi tre residenti a Chieti, in Abruzzo.

La finta divisa da carabiniere comprata su eBay

Per portare a termine la vendetta, Lucifora e un complice avrebbero dovuto indossare delle divise da carabiniere. Ordinate online sul portale eBay, sono state poi assemblate da una sarta in maniera artigianale. Il gruppo di fuoco però sarebbe dovuto partire da Chieti. Secondo la ricostruzione degli investigatori, lì tutti avrebbero dovuto lasciare i propri cellulari. Un escamotage per crearsi un alibi e dimostrare che durante gli omicidi loro fossero fuori regione. Lucifora avrebbe pure inventato la storia di un’amante con la quale avrebbe intrattenuto una relazione, sempre a Chieti.

Un rapporto non vero del quale, però, avrebbe lasciato tracce sui social. Molti sono, infatti, i messaggi scambiati con un profilo Facebook riconducibile alla figliastra di Schilirò. «Io devo acchiappare tutti in un colpo – diceva Lucifora intercettato, mentre parlava con la convivente – Io so che quello (il fratello del ragazzo arrestato per omicidio, ndr) è solo. Tutti i venerdì alle 6 si va a fare il calcetto fino alle 7.30. Io un colpo… una motocicletta e bum, bum li levo… ma gli altri dove minchia li prendo».

Il piano per vendicare il figlio e gli alibi

Gli inquirenti monitorano anche una trasferta a Chieti di Lucifora. Proprio quando il tanto atteso pacco con le divise da carabinieri è appena arrivato. Durante il tragitto dall’aeroporto di Pescara, però, la compagna di Schilirò racconta di essere stata contattata dalla questura di Chieti dopo la segnalazione di eBay in merito all’acquisto delle divise. La coppia illustra quindi la giustificazione adottata davanti agli agenti: «Dovevamo fare una festa… chi si vestiva da carabiniere, chi si vestiva da pompiere e chi si vestiva da poliziotto… una festa in maschera».

Durante il dialogo, sarebbe emerso anche il fatto che le uniformi non fossero complete. «I due stemmi vanno qua sopra», dice Schilirò. «Qua la scritta», aggiunge la compagna. Nel frattempo Lucifora prova il costume, si guarda allo specchio in camera da letto e si lamenta della larghezza. «È grande questo spacchio di pantalone». Riferendosi al capo della divisa da militare che, in alcune occasioni sarebbe stata indicata come «il completino dell’Adidas» e altre volte come «i vestiti del matrimonio».

La finta amante e i messaggi su WhatsApp

Oltre ai cellulari da lasciare a Chieti, Lucifora avrebbe pianificato la storia della finta amante. Alibi del quale sarebbe stata a conoscenza anche la convivente. Proprio lei, addirittura, almeno in un’occasione, sarebbe stata incaricata di scrivere i messaggi da inviare su WhatsApp. «Neanche rispondi – detta Lucifora – si vede che sei troppo impegnata e ti stai divertendo tanto… Comunque, va bene così… ma ho capito che è tutta una finta… tutto questo amore che dici di provare per me». Poco dopo ecco la risposta della finta amante, con il messaggio che viene letto ad alta voce sempre dalla convivente di Lucifora: «Sei tu che sei sparito tutto oggi. Aspettavo un messaggio. Non è finito il mio amore perché per averti al mio fianco farò di tutto». Intanto tra un messaggio e l’altro sarebbe emersa una certa frenesia da parte di Lucifora nel volere portare a termine la strage.

Ma ci sono dei problemi pratici. Uno di questi sarebbe il reperimento delle armi. Compito non semplice e dei cui esiti non sempre Lucifora sarebbe stato soddisfatto. Come quando il fratello gli avrebbe prospettato la possibilità di pistole con la canna cambiata con otto colpi anziché 16. «Oggi domani una minchiata che faccio, gli faccio i buchi con il dito – spiegava – specialmente per quello che dobbiamo fare là non ce ne devono essere errori». Frenesia e difficoltà che si sarebbero alternati alla disperazione per la perdita del figlio. Nonostante fosse morto, Lucifora inviava al suo numero – ogni mattina e ogni sera – dei messaggi di buongiorno e buonanotte. Il piano del boss di Adrano per vendicare il figlio era praticamente pronto, ma le forze dell’ordine hanno impedito che venisse attuato.


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