Piano 17

Piano 17 il thriller di Marco e Antonio Manetti (i Manetti Bross famosi registi di video clip e di Zora la vampira) prodotto da Gamp Produzioni e distribuito da Miramax, ha tutte le caratteristiche di un film americano dalla trama scontata ma che ugualmente riesce a tenerti incollato per un’ora e mezza alla poltrona del cinema. La sola differenza è che per produrre un thriller americano vengono buttati milioni e milioni di dollari (non si capisce mai per cosa) mentre per completare Piano 17 il cast, composto da Giampaolo Morelli, Elisabetta Rocchetti, Enrico Silvestrin, Antonio Iuorio, Massimo Ghini, Giuseppe Soleri con la partecipazione di Valerio Mastandrea, ha stretto la cinghia e si è offerto di lavorare gratuitamente per la realizzazione del progetto “low cost”. Così come gratuitamente ha lavorato quasi l’intera troupe.

Una scommessa vinta quella dei Manetti Bros che con un budget limitatissimo, 65 mila euro per l’esattezza, sono riusciti a girare un film di discreta qualità e con un montaggio degno del premio da poco vinto all’ItaliaFilmFest (Premio Roberto Perpignani per il miglior montatore a Federico Maneschi). Un montaggio mai lineare che ricostruisce la storia pezzo per pezzo, rendendo più gradevole e accattivante il divenire della sceneggiatura. I “Manetti Bros” con questo film danno una grande prova di maturità. Adesso sembrano davvero pronti per passare definitivamente dai videoclip al grande schermo.

Una banda di ladruncoli romani, alle prese con problemi di successione al ruolo di capo, si trovano a dover piazzare una bomba al diciassettesimo piano di un palazzo. Il protagonista rimarrà però bloccato nell’ascensore con la bomba in procinto di esplodere. Geniale il finale, un po’ sulla falsa riga del film di Gabriele Salvatores “Quo Vadis Baby”, quando tutto diviene chiaro allo spettatore grazie a una videocassetta registrata che svela il mistero.

Incomprensibili le scelte della distribuzione che, nonostante gli italiani comprino film del genere oltreoceano per poi promuoverli in maniera esagerata, non ha scommesso sul film che è rimasto fruibile per poche settimane in poche sale della penisola. L’ennesima penosa prova del cinema italiano che preferisce guardare film girati con diversi milioni di dollari all’estero, piuttosto che sedersi sulla stessa poltrona per vedere lo stesso prodotto ma, per lo meno, “Made in Italy”.


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