Un lungo silenzio con il sapore dell’indifferenza. È quello che i sindacati imputano all’azienda farmaceutica statunitense Pfizer. Sotto la lente d’ingrandimento c’è lo stabilimento di Catania, inaugurato negli anni ’60 e che oggi conta circa 700 dipendenti. All’interno vengono prodotti antibiotici parenterali di prima linea per uso ospedaliero, penicillinici e non penicillinici. Nell’elenco non c’è invece il vaccino anti Covid-19, nonostante i diversi solleciti dei mesi scorsi, quando le dosi scarseggiavano. «Quella è stata un richiesta provocatoria anche perché produrre il vaccino comporterebbe una modifica troppo complicata per la linea di produzione», spiega a MeridioNews Giuseppe Coco, segretario della Femca Cisl.
Il nodo della questione riguarda invece l’ormai imminente delocalizzazione, in Cina, della produzione dell’antibiotico Tazocin. Una perdita che potrebbe avere pesanti ripercussioni a livello occupazionale, come sottolineano in una nota congiunta di Uil, Cisl, Cgil e Ugl di Catania. «Non sono chiare le prospettive dell’azienda – continua Coco – E noi, come sindacati, chiediamo da tempo un faccia a faccia a livello nazionale per capire quale sarà il futuro del sito di Catania. Dopo i lockdown si sta attraversando una fase di rilancio e delle rassicurazioni farebbero certamente rientrare l’allarme».
A preoccupare è anche «l’attuale organizzazione del colosso farmaceutico – si legge nella nota – che prevede la centralizzazione in sei hub localizzati su Europa, Asia e America, finalizzata al taglio di posti di lavoro». A quanto pare anche l’area non penicillinica rischia parecchio «poiché l’unico prodotto di punta ossia il Tygacil vede il suo brevetto in scadenza tra pochi mesi», continua la nota. «Davanti all’indifferenza attuale – prosegue Coco – è nostro dovere informare l’opinione pubblica».
Pfizer, insieme a STMicroeletronics rappresentano certamente le punte di diamante dell’area industriale del capoluogo etneo. La stessa che potrebbe ospitare anche Intel. La multinazionale americana si è detta pronta a investire 80 miliardi di euro in Europa e per riuscirci probabilmente verranno aperti due impianti di produzione di semiconduttori di ultima generazione. In lizza oltre all’Italia, con in mezzo la possibilità di Mirafiori in Piemonte, ci sono pure Germania e Francia.
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