l comandante di un peschereccio tunisino e tre membri dell’equipaggio sono stati fermati, in quanto accusati di pirateria marittima, reato, che prevede pene fino a 20 anni di reclusione, previsto dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay e dal codice della navigazione italiano. I fermi, già convalidati dal gip del […]
Foto di Wikimedia Commons
Pescatori tunisini si erano riciclati come pirati. Assalti ai migranti. Disposti quattro fermi
l comandante di un peschereccio tunisino e tre membri dell’equipaggio sono stati fermati, in quanto accusati di pirateria marittima, reato, che prevede pene fino a 20 anni di reclusione, previsto dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay e dal codice della navigazione italiano. I fermi, già convalidati dal gip del tribunale di Agrigento che ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere, sono stati fatti dalla squadra mobile di Agrigento, dalla sezione operativa navale della guardia di finanza di Lampedusa e dai militari della Guardia costiera di Lampedusa, coordinati dal procuratore reggente Salvatore Vella.
Le indagini hanno permesso di accertare che i pescatori tunisini si sono riciclati, dedicandosi alla più lucrosa attività di pirati, depredando i numerosi barchini in ferro che continuano a partire dalle coste di Sfax, in Tunisia, con a bordo, per la maggior parte, migranti sud-sahariani e asiatici. Furti che mettono gravemente a rischio la vita dei migranti, che tentano di attraversare il Canale di Sicilia. La procura di Agrigento ha già avviato un tavolo tecnico di approfondimento del fenomeno della pirateria nel Mediterraneo centrale con il comando generale delle Capitanerie di porto, con il comparto aeronavale della Guardia di Finanza e col mondo dell’accademia universitaria. Le informazioni acquisite nell’ambito di questa inchiesta sono state, infatti, condivise con i Paesi esteri interessati tramite i canali Interpol.