Pentito D’Aquino racconta legami tra mafia e politica I nomi: Pistorio, Porto, Maesano e i fratelli Lombardo

Gli incontri rifiutati con Angelo Lombardo, una cena elettorale a Ramacca per far votare il Movimento per le autonomie e la somma di 120mila euro che sarebbe stata sborsata da Ascenzio Maesano per comprare i voti alle regionali del 2008. Ma anche i nomi di Giovanni Pistorio, Pippo Limoli e Alessandro Porto. Sono soltanto alcuni dei passaggi chiave della testimonianza del pentito Gaetano D’Aquino nel processo in cui l’ex deputato nazionale Angelo Lombardo è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il fratello di Raffaele Lombardo, governatore della Sicilia già condannato in primo grado, ascolta in aula, accanto ai suoi avvocati, la lunga deposizione dell’ex reggente della cosca mafiosa dei Cappello. L’ex boss è un fiume in piena e viene più volte bloccato dai magistrati Antonino Fanara e Agata Santonocito. Stop obbligatori quando circostanze e racconti vengono scanditi con decine di nominativi e retroscena. «Io ad Angelo Lombardo non l’ho mai voluto incontrare – svela il collaboratore -. Mi mandò a chiamare due volte tramite Gaetano D’Antoni detto Calimero». L’uomo in questione, ex marito della consigliera proviciale Mpa Vanessa D’Arrigo, viene bollato come «il portaborse di Lombardo, prendeva appuntamenti sia con me che con Salvatore Vaccalluzzo e Sebastiano Fichera».

Due nomi, quelli di Vaccalluzzo e Fichera, sui quali si concentrano a lungo i ricordi del pentito sui legami tra mafia e politica. «Doveva sistemare il figlio in un’azienda ospedaliera – spiega riferendosi a Vaccalluzzo (usuraio poi ucciso dallo stesso D’Aquino nel giugno 2006, ndr) – ma il suo riferimento nel 2006 cambiò in Giovanni Pistorio». Tra i fondatori dell’Mpa, assessore alla sanità del primo governo di Salvatore Cuffaro, oggi nella giunta di Rosario Crocetta; Giovanni Pistorio sarebbe stato «il politico per cui dovevamo portare i voti». Il pentito racconta anche il retroscena di un incontro che sarebbe avvenuto il giorno dell’ultima promozione in serie A del Catania calcio nel 2006. «Era domenica e c’era la partita con l’Albinoleffe – spiega-. Ci incontrammo al bar Renna in zona Vulcania con Vaccalluzzo, Alessandro Porto e Peter Santagati. Io portai una lista con nomi, cognomi, indirizzi e date di nascita delle persone che andarono a votare». A beneficiare del sostegno elettorale, prosegue D’Aquino, sarebbe stato «Giovanni Pistorio». C’è poi il nome di Sebastiano Fichera, boss in ascesa del clan Sciuto-Tigna ucciso il 26 agosto 2008. «Prese 120mila euro da Ascenzio Maesano – svela D’Aquino – e per la sua campagna elettorale si attivarono anche Gianpiero Salvo e la famiglia Arena nel quartiere Librino». Fichera si sarebbe incontrato anche con Angelo Lombardo come espressamente richiesto dallo stesso: «La contropartita doveva essere un posto di lavoro per Giuseppe Cocimano, che poi venne assunto per qualche settimana in una ditta di pulizie». 

Le parole del padrino svelano anche gli interessi per il mondo politico di Angelo Santapaola. Il cugino dello storico boss Nitto, viene ucciso nel settembre 2007, dai componenti della sua stessa famiglia mafiosa. Paga con il sangue la sua prepotente scalata al vertice della mafia etnea: «Si sentiva il capo di Catania. Con lui affrontammo l’argomento Mpa al bal Lanzafame ma mi disse che aveva anche un’altro politico del Pdl vicino che era anche amico di mio zio, anch’esso affiliato». Il nome, già fatto nel processo per voto di scambio semplice ai Lombardo, è quello dell’ex deputato regionale Pippo Limoli. La lunga deposizione affronta anche la vicenda di un cena elettorale, organizzata a Ramacca, alla presenza del presunto boss Rosario Di Dio «Non c’erano politici ma si diceva di appoggiare l’Mpa» A esporsi nella richiesta di sostegno elettorale, davanti a circa cento persone tra cui numerosi agricoltori, sarebbe stato proprio Di Dio.

Per chiarire rapporti e relazioni l’accusa ha deciso di chiamare come testimoni due politici, Alessandro Porto e Giovanni Pistorio, e Peter Santagati. Imprenditore, quest’ultimo, nella cooperativa Creattiva che nel 2006 si occupava del servizio di spazzamento manuale nella città di Catania120 impiegati per un appalto da oltre 100mila euro mensili. L’uomo, che è stato il datore di lavoro dello stesso D’Aquino e del fratello Gianfranco – ex consigliere di quartiere Mpa – riempie la sua testimonianza con tanti «non ne ho conoscenza». Anche quando la magistrata Santonocito gli chiede del temporaneo licenziamento di Massimo Faro nel 2007. L’impiegato viene reintegrato dopo poco tempo. «Mi ha impietosito dopo aver chiesto scusa tre volte», racconta Santagati. Diversa la versione del pentito D’Aquino: «Quello era un posto dato da Angelo Lombardo». Santagati dal canto suo nega ogni rapporto con il mondo politico, «mai fatta una campagna elettorale» dice. Quando poi gli viene chiesto se abbia mai ricevuto segnalazioni per assunzioni dal mondo politico la risposta è secca: «No». «Certo, sappiamo essere un mondo estraneo a quello vostro», chiosa ironicamente la pm. 

Nessuna dichiarazione invece da parte di Pistorio e Porto. Assente per impegni istituzionali il primo, ufficialmente ammalato il secondo. Ad annunciarlo in aula alle 15.30, pochi minuti dopo l’inizio dell’udienza, è il suo avvocato. «Avrà un certificato medico?», chiede la presidente della corte. «Lo depositerò nei prossimi giorni in cancelleria», risponde il legale. Il capogruppo del sindaco Enzo Bianco in consiglio comunale, ed ex autonomista vicino a Pistorio, viene visto da chi scrive in viale Libertà, un paio d’ore prima del processo. 


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