Patto per Sicilia, M5s: «Riassunto di precedenti puntate» Dai beni culturali al dissesto: fondi già previsti in passato

«Ho l’impressione che il cosiddetto Patto per la Sicilia non sia altro che una specie di riassunto delle precedenti puntate». Non ha dubbi Claudia La Rocca, deputata regionale del Movimento 5 Stelle e componente della commissione Bilancio all’Assemblea regionale siciliana. «Il fatto che non ci sia ancora alcuna traccia della delibera Cipe è indicativo, dimostra come si stia nuotando in alto mare. Sappiamo tutti che prima dell’approvazione di una delibera Cipe ci sono una serie di passaggi amministrativi e burocratici e questo la dice lunga sui tempi d’attesa, prima che i cantieri possano effettivamente vedere la luce».

Secondo l’accusa dei Cinque Stelle, in un’audizione di fine maggio, l’assessore al Territorio Maurizio Croce e il dirigente Vincenzo Falgares avrebbero ammesso che i progetti legati alla manutenzione dei beni culturali, su suggerimento delle soprintendenze, altro non sarebbero che il completamento di progetti inseriti nel PO FESR (il fondo europeo per lo sviluppo regionale) 2007/2013. «Anche quelli di riqualificazione urbana – aggiunge La Rocca – sono provenienti da un vecchio bando e sono stati solamente rispolverati. Per non parlare delle voci che riguardano il dissesto idrogeologico: si tratta di progetti già inseriti nel sistema Rendis (il Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo curato dall’Ispra)».

A rispondere a La Rocca è proprio l’assessore Croce, secondo cui «per quanto riguarda il dissesto idrogeologico, è vero che i fondi riguardano la graduatoria di Rendis, ma è inevitabile che sia così: si tratta di un database stilato a livello nazionale dall’Ispra, in base a una serie di requisiti che determinano un punteggio per gli interventi relativi al dissesto idrogeologico. Sia io che Galletti siamo obbligati a guardare a quella graduatoria per scegliere i progetti da finanziare, tanto è vero che prima dell’estate io ho indicato i progetti da inserire nel Patto per la Sicilia, mentre ad agosto Galletti ha parlato di un nuovo finanziamento, indicando sostanzialmente gli stessi interventi. In questo senso provvederemo a breve per risolvere questa sovrapposizione, perché a questo punto gli stessi progetti sono stati finanziati due volte. È così anche per la riqualificazione urbana, si tratta magari di interventi già individuati in precedenza, ma che non avevano ricevuto alcun finanziamento. Sul versante dei beni culturali, infine, le opere di completamento mancavano di risorse, che sono state stanziate».

Insomma, «le risorse nuove ci sono, eccome», sottolinea Croce, che ammette che ammontano, però, «ai famosi due miliardi e 320 milioni di euro di cui si è più volte discusso. La restante quota (quasi 3,3 miliardi, nda) era effettivamente già stata finanziata, ma si trattava di risorse rimaste impigliate nelle pastoie della burocrazia. Il Patto invece sancisce un effettivo snellimento burocratico, garantendo che quelle somme possano essere realmente sbloccate».

E in qualche misura, una conferma arriva dallo stesso presidente della commissione Bilancio, Vincenzo Vinciullo: «Una parte delle somme contenute nel Patto per la Sicilia – ammette – erano a vario titolo impegnate, ma rischiavano di andare in prescrizione. L’aver siglato un accordo tra Stato e Regione blinda oltre cinque miliardi e mezzo». Insomma, secondo Vinciullo, il dato è squisitamente politico: «Tutto ciò che è inserito in questo accordo non potrà essere revocato dallo Stato senza un giustificato motivo. Il Patto serve a certificare quanto lo Stato ci deve e rende impossibile che domani qualcuno possa revocare questo finanziamento. Soltanto per questo, è già un fatto positivo».

Gli strascichi dell’estenuante dibattito d’aula sul Patto per la Sicilia portano con sé non poche polemiche, anche alla luce dell’ordine del giorno approvato martedì sera dall’Aula. Che di fatto impegna semplicemente il governo ad «accelerare le procedure». «La mozione che era stata inizialmente presentata – racconta ancora La Rocca – risultava ormai anacronistica, perché risaliva ai mesi precedenti l’approvazione del Patto, quando nessuno sapeva ancora cosa ci sarebbe stato dentro quell’elenco. Per questo motivo alla fine l’Aula ha deciso di presentare un nuovo ordine del giorno, che portava anche la firma della capogruppo del Pd, Alice Anselmo, e che inevitabilmente risultava una versione annacquata della mozione iniziale. Con la scusa di aggiornare la mozione, l’ordine del giorno alla fine è stato firmato dalla destra e dalla sinistra».

«Naturalmente – ironizza La Rocca – la mozione sarebbe risultata inutile in ogni caso, visto che, come dimostrano gli atti di Sala d’Ercole degli ultimi quattro anni, una mozione approvata dall’Aula per Crocetta non significa niente». I più maliziosi sussurrano di una «mega presa in giro dopo un dibattito dai toni assurdi, in cui l’opposizione è arrivata a sostenere che bisognava chiamare la Procura, come se niente fosse è stato firmato questo odg congiunto insieme al capogruppo del Pd». Per La Rocca «è solo campagna elettorale». Almeno su questo, dalle opposizioni sono tutti d’accordo.


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