da Andrea Volpe
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Papa Francesco sullaereo di ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù, svoltasi a Rio de Janeiro dal 22 al 29 luglio 2013, ha affrontato alcune questioni sollevate dai giornalisti accreditati al suo seguito. Lintervista integrale è visionabile al seguente indirizzo internet:
Nellambito di questa lunga intervista, Papa Francesco ha anche parlato delle cosiddette lobbies gay e degli omosessuali, il cui estratto è visionabile a questaltro indirizzo internet:
Il Papa ha sottolineato che il problema sono le lobbies, di qualunque natura esse siano (gay, massoniche, politiche .), non avere una tendenza gay.
Per spiegare meglio questa prospettiva, in particolare ha precisato: «Se una persona è gay, cerca il Signore ed ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla»?
Si è ancora una volta presente ad un atto rivoluzionario ecclesiale, che qui non è tanto il riconoscimento della dignità umana degli omosessuali (fatto già riconosciuto dal Catechismo della Chiesa Cattolica), ma l’enunciazione del principio che nemmeno il Sommo Pontefice ha tutti gli elementi, necessari e sufficienti, per giudicare il prossimo!
Molti fedeli, anche in buona fede, fondano la propria superiorità spirituale (sic !) nei confronti degli altri, fedeli o non fedeli, proprio perché si vantano di seguire le norme prescritte dalle Gerarchie ecclesiastiche e dal Papa!
Addirittura, fondandosi su questa presunzione di inerranza, sono portati a ritenere di poter dare sui fratelli un giudizio, che è il medesimo di quello che dà Dio in persona! Sì, questa è una convinzione molto diffusa nel Popolo di Dio e persino tra i ministri ordinati. Ci si astiene dal commentarla, ma si capisce che questa convinzione è grave e imbarazzante.
Con questa affermazione di Papa Francesco, saltano entrambe le sicurezze che si poggiano sull’autorità gerarchica e su quella papale. Se le parole di Papa Francesco venissero seriamente meditate e adeguatamente messe in pratica, anche questi cristiani dovrebbero sentirsi interpellati a far riferimento più allumiltà del cuore che allarroganza della norma.
Su questo percorso di fede, il buon cristiano dovrebbe sentirsi chiamato a fare più affidamento alla sua capacità di discernimento e alla voce della propria coscienza, invece che a norme ecclesiastiche, scritte e interpretate nella loro rigidità letteraria.
Con fiducia, e anche con un po di coraggio, si può affermare che è stato fatto un altro passo in avanti nella riscoperta dellautentico messaggio della fede cristiana, così come trasmessa dalle Scritture e dalla Tradizione della Chiesa.
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