Papà e mamma rimasti senza lavoro non vogliono tolti i quattro figli: chiedono la cancellazione della cittadinanza italiana

QUESTA E’ LA SITUAZIONE DEL NOSTRO PAESE, AL DI LA’ DELLE STUPIDAGGINI CHE RACCONTANO CERTI GIORNALI E CERTE TV SULLA FINTA ‘RIPRESA’ ECONOMICA ITALIANA. C’E’ CHI SI COMINCIA A VERGOGNARE DI FAR PARTE DI ESSERE ITALIANO

La storia che vi raccontiamo succede in Brianza, un tempo zona del ricco Nord italiano, oggi – grazie all’euro, una moneta unica che prima finirà, meglio sarà per tutti – periferia della Germania della signora Merkel. L’articolo è tratto da MB News Monza Brianza – il giornale on line di Monza e della Brianza.  

Finiti nella povertà a causa della crisi generale e con la certezza di finire presto su una strada strada a causa dello sfratto, hanno scritto alle più alte cariche dello Stato chiedendo che gli venga tolta la cittadinanza italiana “per manifesta violazione dei diritti costituzionali ad un lavoro e a mantenere la propria famiglia”.

La singolare protesta è stata progettata da Simona P., 42 anni, commessa disoccupata, e da suo marito Patrizio P., operaio, residenti a Brugherio con i loro quattro figli di 19, 14, 7 e 4 anni. Inutilmente la famiglia ha chiesto un lavoro ed una casa popolare al Comune e la possibilità di poter vivere e mantenersi dignitosamente lavorando dopo che, a causa della crisi imperante, entrambi i genitori hanno perso i lavori che avevano faticosamente trovato in un’altra regione.

Fino ad oggi, però, qualche aiutino spot e la paura che, se rimarranno in strada, i servizi sociali gli dovranno togliere i figli per metterli in una comunità. La storia ha inizio nel 2009 quando Patrizio il capofamiglia, che era stato costretto a trasferirsi con tutti gli altri in Lazio perché aveva perso il lavoro, è rimasto di nuovo a casa e Simona, la moglie, che gestiva un negozio in centro a Roma, ha perso anche quel lavoro perché l’esercizio ha chiuso. «Stavamo bene prima di quel giorno e avevamo anche un mutuo per la casa dove vivevamo – ha raccontato la donna – ma poi, rimasti senza lavoro, abbiamo dovuto svendere tutto perché le banche ci strozzavano; a quel punto siamo tornati al Nord e siamo stati ospitati per un anno e mezzo da una mia anziana zia di Milano».

La situazione non era delle migliori, ma Simona e Patrizio, che prima di emigrare in Lazio vivevano a Cologno Monzese, si sono dati da fare a cercare un lavoro e il marito lo ha trovato come magazziniere all’Ospedale di Vaprio d’Adda.

«Le cose andavano meglio e quindi nel 2010 abbiamo preso in affitto un appartamento a San Damiano di Brugherio così eravamo anche vicini ai miei genitori che quando possono ci aiutano con i bambini – ha proseguito la donna – io lavoravo part time saltuariamente, ma stringendo la cinghia andavamo avanti; a gennaio 2011 mio marito si è visto dimezzare le ore di lavoro e lo stipendio a causa dei tagli di personale e io ho perso il lavoro; è stato il baratro: abbiamo tirato fino a luglio 2012 con dei soldi che avevo da parte di una causa che avevo vinto, ma era dura…poi sono finiti e allora, nel 2012 abbiamo chiesto aiuto al Comune di Brugherio».

In quel momento governava il commissario. La famiglia è stata subito affidata ai servizi sociali che, inizialmente, hanno elargito un contributo, poi, con la nuova amministrazione, hanno aiutato a pagare la mensa dei bambini a scuola e poi dato un altro una tantum. Ma non bastava.

«Non abbiamo mai smesso di cercare lavoro e quello che chiediamo è solo una casa – ha aggiunto Simona P. – l’assistente sociale ha sempre detto che, comunque, non c’era problema perché mi avrebbero tolto i bambini e li avrebbero messi in comunità e io avrei potuto vederli. Per me una vera e propria minaccia di morte! Non glielo permetterò mai a costo di denunciarli per omissione di atti d’ufficio o istigazione al suicidio…».

La donna è disperata. Gli spiragli che si aprivano, purtroppo, non portavano alla soluzione. «Addirittura – racconta – il proprietario di casa che è una persona meravigliosa si è reso disponibile a dare le sue proprietà all’amministrazione per gestirle con affitti agevolati per i bisognosi; sembrava che la cosa dovesse andare in porto, invece non se n’è fatto nulla».

Il motivo per cui la casa popolare non viene data è che la famiglia è di fatto residente a Brugherio da 5 anni solo dal 30 maggio e quindi fino all’altro giorno mancava un requisito. «Ho troppa paura che mi portano via i bambini solo perché non possiamo mantenerli – ha detto – siamo delle persone da sempre perbene e rispettose delle regole, vogliamo solo lavorare e rischiamo di finire in una strada per un cavillo, mentre conosco famiglie non italiane aiutate in tutto e per tutto… Non sono razzista, anzi, ma in questi momenti mi vergogno di essere italiana. Per questo ho scritto a Napolitano, al Presidente Renzi e al Papa, chiedendo di essere cancellata dalla cittadinanza italiana. Sono stati violati dei diritti costituzionali nei confronti della mia famiglia e io non mi sento più di questo Paese».

Nella missiva è scritto: «Questo Paese fa il forte con i deboli e debole con i forti, siamo alla deriva e senza più speranze per il futuro. Chiediamo dunque che ci sia tolta la cittadinanza italiana. Questo è il grido di una madre italiana, di una famiglia che sente calpestati i suoi diritti…Ormai per noi essere italiani è un motivo di vergogna».

Il sindaco di Brugherio Marco Troiano intervistato sul caso, ha detto che sicuramente se ne interesserà con i servizi sociali. Attendiamo sviluppi.

 


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