Situati tra Carlentini, Augusta e Catania, sono oggetto dei vincoli riservati alle zone di protezione speciali. Anche se il consorzio di bonifica negli anni ne ha prelevato l'acqua senza particolari cure. In attesa che la Regione completi l'iter rimangono «tra le aree umide più importanti della Sicilia», commenta Roberto De Pietro
Pantani di Gelsari e Lentini in attesa della riserva «È casa per le specie di uccelli in via d’estinzione»
«È una delle zone umide più importanti dell’Isola». Il naturalista Roberto De Pietro, definisce così i pantani di Gelsari e di Lentini che «costituiscono quanto di più importante e vasto è sopravvissuto del sistema di zone umide di acqua dolce e salmastra che, fino allo scorso secolo, si estendeva nella Piana di Catania».
I due pantani, che prendono origine da un cordone di dune, oggi quasi del tutto distrutto, ricadono nei territori di Carlentini, Augusta e Catania e sarebbero sottoposti, già da diversi anni, a forti prelievi idrici. «Essendo posti in parte sotto il livello del mare, per mantenerli prosciugati si realizzò un sistema di canali per convogliare l’acqua in due impianti idrovori, per poi sollevarle e scaricarle in mare – spiega De Pietro -. Poco meno di dieci anni fa, l’inaspettata sospensione del pompaggio delle acque, dovuta a disservizi agli impianti, ha consentito ai pantani di evolvere secondo dinamiche naturali, riportando in vita ambienti umidi straordinariamente estesi».
Si sono così create delle lagune che, secondo De Pietro, andrebbero tutelate per garantire la conservazione della flora e della fauna selvatiche. I pantani, a tal proposito, hanno ottenuto misure di protezione ambientali, con l’istituzione di una Zona di protezione speciale nel 2012. «Successivamente ai vincoli, il consorzio di bonifica di Siracusa, l’ente che gestisce gli impianti idrovori, ha provveduto alla riattivazione delle idrovore determinando la distruzione degli ambienti naturali che si erano ricostituiti – accusa il naturalista -. Da quando ha ripristinato gli impianti, il consorzio effettua i prelievi in modo da contrastare la naturale risalita della falda, per mantenerne il livello al di sotto del fondo dei pantani. Mentre – sottolinea De Pietro – per le finalità della Zona di protezione speciale, gli impianti idrovori si sarebbero dovuti attivare solo al superamento di determinati livelli idrici che sia il consorzio che la Regione avrebbero dovuto individuare».
Tuttavia, l’area vanta una fauna interessante perché «anche gli ambienti prosciugati costituiscono luoghi ideali per specie che prediligono spazi aperti». Da gennaio a maggio 2016, per esempio, sono state individuate numerose specie protette e a rischio di estinzione, come il cavaliere d’Italia, la cicogna bianca, la garzetta, il piviere dorato, il mignattaio, la spatola airone cenerino, l’airone guardabuoi e ancora, tra le più rare, il falco di palude, l’airone bianco maggiore, la sgarza ciuffetto, la pantana, il piropiro boschereccio. E poi ancora il corriere piccolo, il gambecchio comune, la pettegola, il totano moro, il combattente, la volpoca, la sterna zampenere, il germano reale e l’albanella pallida.
Presenze straordinarie, nonostante gli interventi nell’ambiente da parte dell’uomo, e che per De Pietro potrebbero diventare «una delle attrazioni naturalistiche più importanti della Sicilia». Motivo per cui, la Regione avrebbe avviato l’iter per l’istituzione di una riserva naturale.