La relazione cè ma non si vede. E custodita dentro un cassetto. Chiuso a chiave. La chiave la tiene ben stretta lassessore regionale alla Funzione pubblica, Caternia Chinnici (nella foto qui sotto). E non cè verso di fargliela tirare fuori. Un peccato. Perché se non si apre il cassetto non si può prendere quello che cè dentro. Dentro cè la relazione stilata dagli ispettori della Regione che hanno spulciato tra i conti – quelli veri – del Comune di Palermo. Si tratta della radiografia del bilancio – quello vero – di una città che è ormai al dissesto finanziario.
Ma, come già detto, la relazione non viene fuori. Congelata dal patto di ferro di due gentildonne. La prima è la già citata assessore regionale Caterina Chinnici. La seconda è il commissario straordinario del Comune di Palermo, Prefetto Silvia Latella. (nella foto in basso a sinistra). Le due donne hanno deciso che la relazione non sha da vedere. E non cè verso di fargli cambiare idea. Le donne di carettere, si sa, quando si mettono in testa una cosa, non cambiano opinione.
Nemmeno un terza donna, Nadia Spallitta (nella foto a destra), consigliere comunale di UnAltra storia, il movimento che fa capo a una quarta donna, Rita Borsellino, è riuscita a convincere la Prefetto Latella a tirare fuori le carte. Nadia Spallitta, nei gorni scorsi, ha presentanto uninterrogazione. Di solito le interrogazioni, in un Comune, sono rivolte al sindaco. Ma il sindaco, a Palermo, è noto, non cè più. Se nè andato. Si è dimesso proprio perché non sapeva più dove trovare i soldi per tirare avanti. Il suo posto è stato preso, appunto, dal commissario. Cioè dalla già citata Prefetto Latella. Dovrebbe essere lei a rispondere allinterrogazione di Nadia Spallitta. Ma fino ad oggi non ha risposto.
Cose di donne? Non esattamente. Cose che riguardano la città. E allora? Lunico dato certo lo racconta il consigliere comunale Alberto Mangano, che alla fine è lunico uomo di questa storia. Ci dice di aver incontrato il Prefetto Latella. E di avergli chiesto lumi sulla relazione misteriosa. Il commissario avrebbe risposto che noi, in Sicilia, non abbiamo esperienza di dissesto finanziario. Che il dissesto finanziario è una cosa bruttissima. Ne sanno qualche cosa alcuni Comuni della Campania. Vengono tagliati tutti i servizi. Per i cittadini sono lacrime e sangue. Naturalmente, ci guardiamo bene dallandare a riferire queste cose ai titolari delle case famiglia del Comune di Palermo. Case famiglia per anziani, per malati, per portatori di handicap che sono già a pane e acqua da quasi due anni. Per non parlare di quasi tutti gli altri servizi sociali praticamente azzerati.
Chissà, magari il Prefetto Latella, che è a Palermo da poco tempo, non sa che quasi tutte le fasce deboli della città sono abbandonate. Per loro il dissesto è già arrivato. Da un pezzo. Così in noi matura un retropensiero: che il dissesto finanziario non deve essere dichiarato perché sennò non potranno essere pagati tutti i debiti fuori bilancio, ovvero tutte le clientele che, magari, interessano i potenti e non certo le fasce deboli della città. Siamo troppo cattivi? No, non siamo cattivi. Viviamo da sempre a Palermo e non a Oslo. E abbiamo chiaro il concetto che ai potenti della città e della Regione siciliana delle fasce deboli della città che da due anni sono abbandonate a se stesse non gliene può fregare di meno. Ed è per questo che la relazione sui veri numeri del dissesto finanziario del Comune di Palermo non viene fuori.
Del resto, che ci possa essere di mezzo una campana elettorale con tutti i risvolti clientelari non lo pensiamo solo noi. Non ci sembra, ad esempio, che il consigliere Alberto Mangano si sia dimenticato delle elezioni comunali della prossima primavera. Nella distrazione dell’inizio della campagna elettorale per le prossime elezioni amministrative – scrive Mangano in un comunicato – più di un interrogativo rimane ancora senza risposta. Che fine ha fatto la relazione finanziaria dei commissari inviati dalla Regione a Palazzo delle Aquile? Il commissario straordinario dottoressa Latella potrà avere contezza, da un controllo esterno allamministrazione, del disastro che Cammarata e i suoi sodali hanno compiuto a danno dei cittadini? O cè qualche strana ragione per la quale il Presidente Lombardo evita di far giungere il rapporto dei suoi ispettori a Palazzo delle Aquile? Questo prolungato silenzio si iscrive in un disegno politico per vincere le elezioni col Terzo Polo e riciclare chi ha contribuito a distruggere la città? Questa strategia di non disturbare gli equilibri palermitani in una difficile trattativa elettorale – sostiene Mangano – ha trovato nell’assessore Chinnici un complice ideale.
Come si può notare, anche Mangano pensa a una strategia che coinvolge Comune e Regione. E, purtroppo, anche il Prefetto Latella. Mangano tira fuori anche la storia della consulta per gli immigrati. Gli immigrati, che in città sono tanti, non votano. A meno che non siano già cittadini italiani e residenti a Palermo. Per loro, per raccogliere le loro istanze dovrebbe essere istituita la consulta. Ma siccome non è prevista dallo Statuto del Comune di Palermo bisognerebbe cambiare lo Statuto. Unincombenza della quale avrebbe dovuto occuparsi lex assessore comunale, Raul Russo. Che, però, era sempre in altre faccende affaccendato. Risultato: gli immigrati si attaccheranno agli autobus delllAmat (il tram in città non cè ancora…).
Anche su questo fronte Mangano non risparmia critiche allassessore regionale, Caterina Chinnici, che avrebbe dovuto sostituirsi al Comune di Palermo, istituendo duffico la consulta per gli immigrati. Come per il caso della relazione finanziaria – aggiunge Mangano – lassessore regionale alla Funzione pubblica si è dimostrata ancora una volta inadempiente per non avere sostituito l’amministrazione che non ha provveduto a modificare lo Statuto, impedendo così l’istituzione della consulta degli immigrati. Aspettiamo ormai da tempo – conclude Mangano – che la Chinnici adempi allobbligo che le deriva dalla legge regionale n.6 del 5 aprile 2011. Il tanto annunciato riformismo, declamato dal Presidente Lombardo, è caratterizzato da un vuoto amministrativo persino quando la legge gli imporrebbe di intervenire.
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