Lo 0-0 non permette alla compagine di Boscaglia di dare slancio al proprio cammino e invertire un trend all'insegna della mediocrità. Una netta supremazia sul piano del palleggio non è stata sufficiente per imporsi in un match ampiamente alla portata
Palermo abbonato al festival delle occasioni mancate A Potenza un magro bottino nella corsa verso i playoff
Pari in trasferta, senza subire gol, su uno dei tanti campi ostici del girone C del campionato di serie C. Questa chiave di lettura potrebbe indurre lo spettatore/tifoso a credere che lo 0-0 maturato a Potenza all’ora di pranzo nella prima trasferta del girone di ritorno (la seconda del nuovo anno) sia per il Palermo un risultato tutto sommato accettabile. E invece andando al di là delle apparenze e allargando lo zoom sui contenuti emersi dal match giocato sul sintetico dello stadio Viviani ci si accorge che, sul fronte rosanero, è complicato ‘estrapolare’ qualcosa di positivo teoricamente riconducibile, ad esempio, alla considerazione che un pareggio, ottenuto peraltro fuori casa, può anche andare bene trattandosi comunque di un risultato utile che muove la classifica. Direzione sbagliata. Inquadrando la realtà da questa prospettiva i rosa si farebbero del male da soli perché proprio gli uomini di Boscaglia dovrebbero essere i primi a rendersi conto del fatto che il pareggio a reti bianche contro la compagine di Capuano (in tribuna in quanto squalificato), al netto delle trappole tese da un avversario costretto a ottenere punti preziosi in chiave salvezza e intenzionato a riscattare la sconfitta di misura rimediata a Catanzaro, non può che assumere una connotazione negativa essendo incompatibile con le esigenze di una squadra come quella rosanero che avrebbe dovuto e potuto vincere una gara del genere per legittimare l’ambizione di raggiungere, in prospettiva, una posizione di rilievo nella griglia dei playoff.
Diversi indizi, ormai, sono più che sufficienti per formare una prova. Non è più casuale il fatto che il Palermo non riesca nei momenti opportuni a dare un impulso significativo al proprio percorso e, allo stesso modo, ci sarà una ragione per la quale la squadra, impantanata nelle paludi della mediocrità dopo avere racimolato un solo punto nel precedente doppio turno casalingo, continui ad esibire il proprio abbonamento al festival delle occasioni mancate dilapidando punti potenzialmente molto importanti. La verità, sulla falsariga delle ultime uscite, è quella che ha detto anche la gara esterna contro il Potenza. Match nell’ambito del quale la consapevolezza di avere tenuto costantemente il pallino del gioco in mano senza correre mai pericoli (il tiro di Ricci da fuori area respinto da Pelagotti nel finale del primo tempo è stato l’unico lampo dei lucani nell’arco dei 90 minuti) rappresenta solo una magra consolazione per un Palermo dal quale al cospetto della formazione con la peggiore difesa del girone era lecito attendersi di più. Non tanto sotto il profilo tecnico o dell’estetica, sapendo che in C non è facile in determinati contesti esprimere una manovra fluida, quanto piuttosto sul piano della personalità. Termine che abbraccia una serie di parole e di concetti (malizia, intensità negli ultimi sedici metri, cinismo in zona gol) ancora assenti nel vocabolario rosanero.
Colpa, certamente, delle lacune evidenziate senza soluzione di continuità da coloro che vanno in campo, sprovvisti degli strumenti (tecnici ma anche comportamentali come dimostra l’ingenua ammonizione rimediata nella ripresa dal neo-entrato Rauti che per squalifica salterà la sfida con la capolista Ternana) necessari per potere lasciare il segno, ma anche di chi il vocabolario sopra citato dovrebbe conoscerlo e trasmettere dunque le sue conoscenze al gruppo. Se il Palermo è nono in classifica e fatica a svoltare la responsabilità è anche di Boscaglia che, al di là dei disegni tattici – spazio contro i rossoblù al 4-3-3 con qualche novità tipo il ritorno tra i titolari di Doda dopo tre mesi e mezzo al posto dell’indisponibile Accardi sulla fascia destra in difesa o l’esordio dal primo minuto del neo-acquisto De Rose che in cabina di regia ha provato a dettare i tempi peccando spesso, però, di imprecisione nei passaggi nonostante i frequenti tentativi di verticalizzazione -, deve lavorare molto su certe dinamiche insegnando ad esempio agli attaccanti (in primis Lucca, sostituito al 73′ da Saraniti e in evidenza nel primo tempo con un colpo di tacco smarcante per Valente, tra i più attivi dei rosa pur avendo fallito un paio di buone palle gol) che per risolvere le partite sporche con una zampata vincente bisogna effettuare in area un certo tipo di movimenti.
E deve, inoltre, toccare ancora le corde giuste dal punto di vista del carattere e del temperamento. Risorse attraverso le quali, a prescindere da una netta supremazia sul piano del palleggio o dal numero di occasioni prodotte soprattutto sugli sviluppi di palloni vaganti provenienti da cross, una squadra che sa dove vuole arrivare avrebbe creato le condizioni per imporsi in una partita ampiamente alla portata e contro un avversario che, nonostante i segnali di crescita in termini di solidità mostrati grazie agli input di Capuano e i rinforzi dal mercato come l’ex centrocampista del Catania Bucolo o l’attaccante Romero chiamato in avanti a raccogliere l’eredità del bomber Cianci di proprietà del Teramo e passato in prestito al Bari, rimane ancorato ad un livello inferiore rispetto a quello dei rosanero.