Si sarebbe appartata con un ragazzo per un rapporto consensuale, ma poi sarebbe avvenuta la violenza. Continuano le indagini per confermare il racconto della 13enne che ha denunciato di essere stata violentata la notte tra il 18 e il 19 gennaio a Palermo. La ragazza si era allontanata dal reparto di Neuropsichiatria infantile dell’Istituto mediterraneo di eccellenza […]
Il caso della 13enne violentata a Palermo, la fuga dall’ospedale e l’incontro con un ragazzo più grande
Si sarebbe appartata con un ragazzo per un rapporto consensuale, ma poi sarebbe avvenuta la violenza. Continuano le indagini per confermare il racconto della 13enne che ha denunciato di essere stata violentata la notte tra il 18 e il 19 gennaio a Palermo. La ragazza si era allontanata dal reparto di Neuropsichiatria infantile dell’Istituto mediterraneo di eccellenza pediatrica, l’Ospedale dei Bambini, a Palermo, per andare nel quartiere Borgo Vecchio – e non nel quartiere Borgo Nuovo, come sembrava in un primo momento – con un’amica più grande. Secondo il suo racconto, insieme alla sua amica avrebbe raggiunto un gruppo di ragazzi e con uno di questi si sarebbe appartata per un rapporto consensuale, che sarebbe sfociato in una violenza dopo i rifiuti della 13enne.
Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Ansa, la ragazzina sarebbe tornata in ospedale la mattina di domenica 19 gennaio dopo aver bevuto alcolici – ma non sarebbe stata ubriaca – e aver fumato marijuana: è risultata positiva alla cannabis. Nel reparto c’era la madre – anche lei con problemi di dipendenza – la quale, dice Ansa, «ha raccontato di aver subito violenza». Dopo la testimonianza dell’amica della ragazzina, la polizia sta cercando il ragazzo – che sarebbe più grande della 13enne – per interrogarlo. Sul caso hanno aperto fascicoli sia la procura ordinaria che quella per i minori. La ragazzina è seguita in Neuropsichiatria infantile dall’agosto scorso, dopo una serie di inserimenti in comunità socio-assistenziali da cui è fuggita o è stata dimessa. Il servizio territoriale avrebbe stabilito che la paziente deve andare in una comunità terapeutica e da un mese è ricoverata nel reparto di Neuropsichiatria infantile in attesa dell’inserimento.