L'enorme edificio 800esco - oggi abbandonato e nel degrado - continua a essere depredato e vandalizzato pur troneggiando in centro città. Tra interpellanze parlamentari, il sequestro da parte delle forze dell'ordine e decreti mai emanati. Guarda le foto
Palazzo delle Reali Finanze Palermo e l’elefante in salotto
Ormai acquisita nel linguaggio comune, l’espressione «l’elefante in salotto» fa riferimento alla capacità di ignorare la realtà nonostante sia ingombrante. E, proprio come un grosso mammifero in un appartamento, l’ex palazzo delle Reali Finanze troneggia al centro storico di una Palermo che finge di non vederlo, abbandonato nel degrado anche dal ministero delle Finanze, ente proprietario. L’edificio 800esco, che occupa un intero isolato, si spinge dalla Cala a via dei Tintori, da via dei Cassari a piazza Marina, vantando qui un lato corto di 62 metri. Da quando è stato smantellato l’ultimo ufficio, il palazzo è stato privato anche degli infissi; mentre gli agenti atmosferici e il tempo si nutrono ogni giorno delle sue pareti. Ma i danni maggiori li ha causati chi, indisturbato, ne ha devastato gli interni e trafugato l’impianto elettrico, i fregi decorativi, le finestre monumentali in ghisa e, nel 2013, perfino la Vittoria Alata di Antonio Ugo, statua bronzea di oltre due metri, poi ritrovata. Il trattamento che le istituzioni riservano al palazzo delle Finanze ha spinto il nucleo Tutela del patrimonio culturale della polizia municipale a disporne il sequestro nel 2014, mettendolo a disposizione dell’autorità giudiziaria affinché dia il via alle indagini per accertare le responsabilità. La custodia è stata intanto affidata all’agenzia del Demanio.
Era il 2012 quando l’ex assessore ai Beni culturali Gaetano Armao, allora all’Economia, festeggiava il trasferimento di questo e di circa altri 200 beni dallo Stato al patrimonio regionale. Ma ancora nel 2015 si attende l’emanazione del decreto che consentirebbe alla Corte dei Conti di trasferire lì i suoi uffici, abbattendo la spesa pubblica dell’affitto delle sedi che ammonta a un milione e 700mila euro annui. Dallo scorso anno, sono gli attivisti del Movimento 5 stelle a chiedere delucidazioni circa il destino del Palazzo. Dopo aver presentato un’interpellanza parlamentare Chiara Di Benedetto non riceve risposte. «Ho cercato di entrare in contatto con la Commissione paritetica Stato-Regioni del nuovo governo, ma mi hanno sempre rimandata di ufficio in ufficio – spiega la deputata a MeridioNews -. Invece di aspettare una risposta in aula, trasformerò l’interpellanza in un‘interrogazione in commissione». E Claudia La Rocca (M5s) racconta di aver «rotto le scatole a tutti gli assessori all’Economia che si sono succeduti, ricominciando da zero ogni volta». L’edificio è peraltro a rischio crollo a causa di «fenomeni di liquefazione del sottosuolo».
Dalla sua edificazione sulle macerie delle Carceri della Vicaria nel 1840 ad opera di Emanuele Palazzotto, diviene dieci anni dopo Banco Regio dei Reali Domini e successivamente Intendenza delle Finanze, camera di Commercio, Borsa di Palermo e prima storica sede del Banco di Sicilia per poi ospitare l’agenzia delle Entrate fino ai primi anni ’90 del novecento. Smantellato nei suoi interni all’indomani del trasferimento degli uffici in edifici moderni, il palazzo delle Finanze è stato abbandonato e utilizzato come discarica. Parte della cancellata è stata divelta, aprendo di fatto un varco abusivo che consente ai senzatetto di bivaccare sotto il portico del prospetto settecentesco e ai ladri di trafugare qualsiasi tipo di oggetto o fregio artistico vendibile al mercato nero. Uno «spettacolo orripilante», cita il libro Palermo Ignorata citando Vincenzo Prestigiacomo, che «ha come scenario un’area tra le più battute da cittadini e turisti. C’è da chiedersi che idea possano farsi di fronte a tanto degrado e trascuratezza».