Se decidono di partire, poi non possono più ripensarci. Sono viaggi a senso unico, perché questi migranti non sono considerati essere umani ma merce da trasporto. Sono solo business e dunque una volta contattati gli uomini dell’organizzazione criminale che gestisce questo traffico umano, non possono esserci ripensamenti: «Queste persone vengono prima recluse di fatto e poi vengono imbarcate con le buone o con le cattive. Qualunque siano le condizioni di salute o emotive, ma anche quelle del mare come è ben noto, una volta intrapreso questo percorso, i profughi sono costretti a partire, mettendo in conto di perdere anche la loro stessa vita». Lo ha precisato il capo della Mobile di Agrigento, Giovanni Minardi, durante la conferenza stampa che si è tenuta in procura a Palermo.
In prima linea in questa indagine sono proprio le procure di Palermo e Agrigento che controlla gli sbarchi a Siculiana e Lampedusa. Sono 24 i destinatari delle misure restrittive di oggi (vedi foto), che per casualità coincidono, come ha precisato il procuratore Capo di Palermo Francesco Lo Voi, con l’ulteriore tragedia verificatasi ieri.
Tra i soggetti coinvolti vi è anche Ermias Gheremay, ancora latitante in Libia, motivo per cui il provvedimento di fermo non è stato eseguito e contro cui ci sono nuove accuse. Ci sono però dei nuovi fermi, Andemeskel Yaried, alias Wedi Keshi, colui che organizza i viaggi da Agrigento e Catania al centro Italia e Ashgedom Ghermay, bloccato a Civitavecchia mentre stava per partire per la Germania,
Il gruppo coinvolto nell’operazione di oggi forma una rete criminale diffusa su diversi territori, oltre Milano, Catania e Civitavecchia; non solo dunque su quello siciliano. Dalle intercettazioni sono emerse anche altre organizzazioni parallele a queste che operano sul territorio africano e anche in paesi dell’Unione europea che rappresentano nella stragrande maggioranza dei casi la reale destinazione finale.
L’indagine ha messo in evidenza, attraverso le intercettazioni effettuate anche con rinnovate tecnologie, come funzioni il sistema di trasporti e il traffico di migranti e il sistema di pagamento scaglionato ai trafficanti, che va al di là del trasferimento di denaro da un Paese all’altro. E’ un ulteriore meccanismo tipico di Paesi africani. Si tratta del sistema hawala, un sistema di «compensazione che avviene tra soggetti ubicati su territori diversi, sulla base della fiducia reciproca tra i soggetti stessi – ha spiegato il procuratore Maurizio Scalia -. Se un parente vuole essere raggiunto, non si servirà di canali bancari ordinari, ma indicherà dei soggetti che creano movimenti di denaro, con delle compensazioni, quindi non c’è un reale movimento di denaro quando c’è la richiesta». Grazie all’hawala, per esempio, Medhane Yadhego è stato in grado di far scarcerare, a fronte di un compenso corruttivo, i migranti trattenuti in Libia e in attesa di imbarcarsi per l’Europa.
I dati fin qui acquisiti sono stati inviati anche alla cooperazione giudiziaria, Eurojust, «al fine di diffonderle negli altri Paesi europei – aggiunge Lo Voi – e autorizzeremo anche la trasmissione dei dati ad Europol, per poterli incrociare con quelli in loro possesso».
IL TARIFFARIO E IL TRASPORTO DALLA SICILIA. Dalle intercettazioni si è capito che il prezzo medio che viene pagato per la tratta che va dal nord Africa come Sudan ed Etiopia, solo per arrivare in Libia, è di 4-5 mila dollari a migrante. Il pagamento è anticipato, come quello per la successiva tratta via mare. Dalla Libia il costo e di mille, millecinquecento dollari.
Vi sono almeno due figure – extracomunitari entrambi – coinvolte e che sono i “punti di riferimento”; a loro vengono preannunciati gli sbarchi e dati numeri di riferimento. Si occupano direttamente del trasporto dai centri di accoglienza alla destinazione finale. Permettono la fuga da Siculiana e Mineo con prezzo pari a 200 e 400 euro. Con questa cifra i migranti vengono portati da Catania al centro Italia e poi da lì verso il nord europa (Francia, Scandinavia, Germania). Ma l’organizzazione era ed è bel più ampia. Ognuno degli arrestati di oggi aveva un ruolo ben preciso all’interno dell’organizzazione infatti.
L’ultima fase, la tratta finale, ha un costo che va dai mille ai 1500 euro «Ci sono circa 500mila – 1 milione di siriani in Libia – aggiunge il pm Scalia – quindi immaginate il numero di migranti e il giro economico che c’è».
Gery Ferrara e Claudio Camilleri sono i pm che hanno seguito l’indagine, rese ancora più difficili dalle intercettazioni che sono in almeno tre lingue diverse: bambara, arabo ed eritreo. Per questo Ferrara lancia un appello: «Serve un albo di interpreti, perché non c’è disponibilità nell’immediatezza. E l’intervento ormai richiede anche questo».
I nomi dei CATTURATI:
GHERMAY Asghedom, detto “Amice”, nato in Eritrea il 5.1.1975;
MELLES Matywos, nato a Asmara (Eritrea) il 14.11.1967;
YARIED Andemeskel, alias “Wedi Keshi”, nato in Eritrea il 12.02.1989;
GOITOM Netsereab, nato in Eritrea l’01.01.1979;
EYASU Afomia, nata in Eritrea l’1.1.1981;
IBRAHIM OMER Munire, detto “Munir”, nato in Eritrea, il 24.05.1995;
GEBITITOYS Yonas, nato in Eritrea l’1.1.1988;
BERIH Tsegay, nato in Eritea l’1.7.1986;
TRAORE’ Arouna Said, detto “Rasta”, nato in Costa d’Avorio il 5.02.1990;
ELIAS Mohammed, nato in Ghana il 10.10.1968;
DIALLO Ibrahima, nato in Guinea, il 17.6.1985;
ABRHA Yirga, nato in Eritrea, l’11.10.1991;
AMARE Efrem, nato in Eritrea il 03.05.1993;
HABTE MADEGE Micheal, detto “Miky”, nato in Eritrea il 10.05.1981.
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