Nel processo di secondo grado i racconti del più recente collaboratore di giustizia della mafia catanese. Dietro il delitto, che vede tra gli imputati il capomafia Vincenzo Aiello, ci sarebbe stata una precisa scelta di Enzo Santapaola per fermare l’ascesa del cugino «prepotente»
Omicidio Santapaola-Sedici, parla il pentito Nizza «Decisione presa dal figlio di Nitto Santapaola»
Un omicidio eccellente a cui il più recente collaboratore di Cosa Nostra catanese non partecipa direttamente ma di cui conosce dettagli e retroscena. Nomi e cognomi pronunciati in aula da Fabrizio Nizza, capomafia della famiglia catanese dei Santapaola che ormai da alcuni mesi ha deciso di collaborare con i magistrati della procura etnea. A morire il 26 settembre del 2007 all’interno di un macello dismesso in contrada passo Martino sono l’allora reggente dal cognome eccellente Angelo Santapaola e il suo fidato braccio destro Nicola Sedici. Un duplice omicidio che nel processo di primo grado ha portato alla condanna all’ergastolo per il presunto mandante Vincenzo Aiello, capo provinciale della mafia etnea ormai da anni al carcere duro, e di Salvatore Dibennardo, lavaggista di Palagonia che si sarebbe occupato di ripulire le tracce di sangue da una macchina utilizzata per spostare i cadaveri in un casolare abbandonato.
«La nostra famiglia – racconta Nizza riferendosi ai suoi fratelli – si era messa in proprio nel traffico di stupefacenti e Angelo Santapaola voleva escluderci e subentrare nei contatti che avevamo per rifornirci». Il business della droga, che a Catania per anni è stato legato proprio ai Nizza in maniera quasi monopolistica, coinvolge anche i due fratelli Daniele e Andrea. Trafficanti ma anche mandanti di omicidi. Andrea è attualmente latitante e ricercato per l’uccisione di Lorenzo Saitta. «Mio fratello – spiega il collaboratore riferendosi a Daniele – decise di andare a chiedere aiuto a Carmelo Puglisi del gruppo mafioso della Civita. Questo, insieme a Santo La Causa, prese le nostre difese e da allora entrammo a far parte dell’organizzazione mafiosa, anche se io volevo restare autonomo».
Dalla richiesta di aiuto ai due boss da parte dei Nizza, trascorre poco tempo prima che Santapaola e Sedici vengano inghiottiti dalla lupara bianca. «Chiesi spiegazioni del perché mio fratello si era fatto coinvolgere nell’omicidio e lui mi disse che “ormai eravamo dentro il gruppo“». Quel giorno di settembre, nella periferia di Catania, decidono di riunirsi tutti i maggiori esponenti della mafia etnea per risolvere la questione primaria che si cela dietro l’esecuzione, ossia la leadership scomoda di Angelo Santapaola. Boss che numerosi pentiti hanno dipinto come un uomo «prepotente», senza scrupoli e con una scarsa attinenza alle regole mafiose per la spartizione del territorio e dei proventi delle estorsioni.
«Enzo Santapaola – rivela Nizza riferendo quanto gli avrebbe raccontato il fratello Daniele della riunione – gli rimproverava che agiva fuori dalla famiglia. A un certo punto si allontanò e Orazio Magrì sparò prima a Nicola Sedici e poi ad Angelo Santapaola». Fatti a cui però Daniele Nizza non avrebbe assistito direttamente, ma solo da una zona antistante il capannone incriminato. Lo spessore criminale delle vittime non avrebbe però turbato più di tanto i pensieri dei responsabili dei vari quartieri su possibili ripercussioni interne: «Era un omicidio deciso da Enzo ‘u nicu che in quel periodo era il capo. A dirlo a mio fratello era stato Magrì, che però gli disse anche di stare zitto perché era una cosa riservata e lui doveva restare dietro le quinte».
Il capitolo successivo della storia mafiosa dei Nizza, dopo l’omicidio, è quello che racconta la loro affiliazione ufficiale. Un rito celebrato in una villa di San Giovanni Galermo alla presenza di tutto il gotha di Cosa Nostra catanese che nel giugno 2008 consegnava i quartieri di Librino e San Cristoforo nelle mani di Fabrizio e Daniele.