Omicidio Onda latina, una condanna all’ergastolo La notte in discoteca costata la vita a un 26enne

Giuseppe Zuccaro

Ergastolo. La condanna, in primo grado, è pesantissima. Secondo il giudice Santino Mirabella, Giuseppe Zuccaro (classe 1975) deve passare in carcere il resto della sua vita. La decisione è arrivata nei giorni scorsi, a seguito del processo – con rito abbreviato – che si è svolto al tribunale di Catania per chiarire cosa sia accaduto la notte tra il 7 e l’8 gennaio 2017. Quando, sul marciapiede di via Scuto Costarelli, di fronte alla discoteca Onda latina, è stato ferito a morte il 26enne Florin Dinu. Il caso, però, non è chiuso: la difesa di Zuccaro annuncia il ricorso in Appello e promette di dare battaglia. C’è, inoltre, il filone ordinario: con l’accusa di omicidio in concorso è imputato – tra gli altri – un secondo catanese, Dario Valle, 41 anni

Quella notte di un anno e tre mesi fa sono da poco passate le due del mattino. Il club Onda latina – formalmente un’associazione culturale – è ancora pieno di gente. A frequentarla è per lo più la comunità rumena di Catania, si sta festeggiando un compleanno. La serata, però, è movimentata: una coppia di italiani era entrata poco prima e aveva iniziato a fare apprezzamenti nei confronti di alcune ragazze, lì con i loro compagni. Il clima si surriscalda, ne nasce una zuffa. I due italiani hanno la peggio e vengono cacciati. Secondo la ricostruzione, a prendere le botte è Dario Valle. «Esce dalla discoteca arrabbiato, chiede aiuto agli amici, poi torna davanti al locale e porta con sé un coltello a serramanico di 17 centimetri». A raccontarlo è Marco Crocitta, l’avvocato della famiglia Dinu.

Nella sua versione, sostenuta anche dalla procura di Catania, i gesti di Valle sarebbero serviti ad attirare fuori le persone con cui aveva litigato, per permettere a Giuseppe Zuccaro di sparare sulla folla fuori dalla porta della discoteca. In rapida successione, da una Toyota iQ bianca sarebbero stati esplosi sette colpi di pistola. Florin Dinu ha 26 anni, lavora come muratore, lo chiamano tutti Ciccio, vuole rimanere a vivere a Catania. Due proiettili lo raggiungono all’addome, un altro entra dal fianco destro ed esce dal gluteo sinistro. Florin cade tra le braccia del fratello Ovidiu riesce solo a dirgli «Mi hanno sparato». Altri due colpi raggiungono, rispettivamente, un ragazzo rumeno e un marocchino, feriti lievemente. Secondo il giudice, a sparare dalla Toyota sarebbe stato proprio il 44enne Zuccaro. «Le analisi chimiche svolte sull’abitacolo della macchina – sostiene l’avvocato Crocitta – hanno dimostrato che lì dentro qualcuno ha sparato».

La scena, a questo punto, si sposta all’ospedale Vittorio Emanuele di via Plebiscito. Ci vengono portati non solo Florin Dinu, di cui viene dichiarato il decesso alle 2.45, ma anche i due feriti. E ci va pure Dario Valle, per farsi medicare le ferite successive alla rissa. All’interno dell’ospedale, però, sarebbe stato riconosciuto da una donna che si trovava nel locale e che era andata nel nosocomio per accertarsi di come stessero i suoi amici. Valle viene bloccato subito dalle forze dell’ordine, mentre di Zuccaro non ci sono tracce. Viene arrestato quasi un mese dopo dai carabinieri, in via Pisacane, nei pressi di corso Indipendenza. Poco più di un anno dopo, all’inizio di aprile 2018, la condanna all’ergastolo al termine di un procedimento seguito con apprensione più dalla Romania che da Catania. Le motivazioni saranno depositate tra 30 giorni. «Aspettiamo di leggerle – dichiara a MeridioNews Francesco Marchese, avvocato che assiste Giuseppe Zuccaro – Ma certamente proporremo ricorso contro quella che, per noi, è una condanna ingiusta».

«Agli atti ci sono diversi testimoni oculari che raccontano una versione diversa da quella proposta dalla procura ed evidentemente sposata dal giudice», prosegue Marchese. Il riferimento è a un paio di persone che avrebbero sostenuto che, quando la Toyota iQ è arrivata, Florin Dinu sarebbe già stato per terra. Se le cose fossero andate così, «Zuccaro non poteva averlo ucciso – continua il legale – Un altro testimone sostiene che gli spari siano arrivati da una grossa macchina di colore blu, e descrive anche il ragazzo che avrebbe sparato: l’aspetto e l’età non corrispondono affatto a quelle del mio assistito. Di fronte a temi di questo genere, come è possibile arrivare a una condanna di ergastolo al di là di ogni ragionevole dubbio?». C’è poi l’elemento degli spari nel mucchio: sette colpi che avrebbero rischiato di ferire anche Valle, presunto complice del condannato. «Il mio assistito ha fornito, sin dal primo momento, una sola versione: lui non ha sparato nessun colpo. Era tornato nella discoteca per riaccompagnare una persona e, al momento del suo arrivo, quello che sappiamo era già accaduto».


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