Sono le 19.30 del 29 ottobre 2013 e ad Adrano viene ritrovato un cadavere: è quello di Alfredo Maglia, per gli investigatori esponente mafioso del posto, ammazzato all’interno di una minicar parcheggiata dentro al garage della sua abitazione. È stato raggiunto da diversi colpi di pistola e i componenti della sua famiglia non vedono l’ora di vendicarsi. Ma vengono arrestati prima di potere mettere in pratica il proposito. Adesso le manette sono scattate attorno ai polsi di chi quell’omicidio lo avrebbe compiuto: Alfio Ambrogio Monforte, 50 anni, ritenuto elemento di spicco del clan Mazzaglia-Toscano-Tomasello, legato alla famiglia di Cosa nostra catanese Santapaola-Ercolano. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere gli è stata notificata già dietro le barre: è detenuto nella casa circondariale di Terni.
Al centro di tutto ci sarebbe una faida interna al clan. Alla base delle nuove accuse a Monforte ci sono le dichiarazioni di tre pentiti. La famiglia Maglia avrebbe voluto rivalersi su Monforte raggiungendolo e uccidendolo a Reggio Emilia, dove viveva. La vendetta era stata fermata dalle manette fatte scattare grazie alle indagini dei carabinieri, partite nel 2014. Dalle ulteriori investigazioni svolte nel 2016 e nel 2017, poi, sarebbero emerse le attività estorsive portate avanti da Monforte e dal clan mafioso di Biancavilla. A ottobre 2017 arriva la condanna per estorsione. A carico non solo di Alfio Ambrogio Monforte, ma anche di suo figlio Vincenzo. L’esito del processo è chiaro: grazie all’assassinio di Maglia e all’arresto dei suoi familiari, il 50enne avrebbe acquisito una posizione sempre più di spicco all’interno della cosca.
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