Ieri mattina la polizia ha arrestato Massimo Di Maria, pregiudicato di Santa Maria di Licodia, detto u pupiddu perché ritenuto responsabile di omicidio aggravato, detenzione e porto illegale di arma da fuoco in concorso con Antonio Magro e Massimo Merlo, già in carcere. Il primo di questi è ritenuto il mandante dell’omicidio di Maurizio Maccarrone mentre il secondo è stato individuato come l’esecutore del delitto. Con l’ordinanza odierna si ritiene Di Maria, classe 1978, da qualche giorno con obbligo di firma in caserma dopo un periodo ai domiciliari per estorsione, il conducente dello scooter utilizzato per avvicinare la vittima la mattina del 14 novembre 2014.
Componente del «commando di fuoco», così gli inquirenti definiscono Massimo Di Maria. Maurizio Maccarrone, 43enne di Adrano, è stato ucciso la mattina del 14 novembre 2014 in via Cassarà. Le indagini, durate poco più di due anni, sono state condotte dagli agenti della squadra mobile di Catania e dai colleghi del commissariato adranita che sono intervenuti pure ieri mattina. Alla base del delitto ci sarebbe stata la gelosia che Magro provava nei confronti di Maccarrone per una sua presunta relazione con una donna alla quale in passato il mandante del fatto di sangue era stato legato. In via Cassarà i poliziotti, al loro arrivo, hanno rinvenuto e sequestrato cinque bossoli calibro 7,65. Fondamentali per risolvere il caso sono state le immagini di un impianto di video-sorverglianza della zona. E oggi, anche una serie di intercettazioni.
Dal video gli inquirenti appuravano che Maccarrone, dopo essere uscito da casa sua, si era diretto verso la sua macchina parcheggiata poco distante. In quel momento era stato affiancato da due persone in sella a uno scooter e col volto coperto da un casco. Con il mezzo in movimento il passeggero, Merlo, aveva sparata a Maccarrone che si accasciava al suolo. A quel punto il killer, sceso dal motorino, si avvicinava velocemente alla vittima ed esplodeva, a distanza ravvicinata, altri due colpi alla testa. Da un’attenta visione del filmato era emerso che il conducente dello scooter era di bassa statura, tanto da avere difficoltà nel manovrare il mezzo nella concitate fasi del delitto, specie in quelle successive. L’individuazione degli inquirenti in Di Maria quale conducente del veicolo sarebbe stata dettata anche da alcune intercettazioni di Merlo.
In una Merlo dice: «…Ma se quello non ci sale nel motorino da quando aveva undici anni… non ce la fa neanche a portarlo…». E ancora, in carcere, dialogando con il fratello, Merlo si riferisce a Di Maria dicendo: «Gli devi dire “mio fratello a te ti ha sempre discolpato. Perché anche l’intercettazione che lui ha avuto, che lui dice chi è. Lui ti discolpa, ecco perché non ti hanno fatto il mandato di cattura a te…”. Quindi tu gli devi dire che “al 99 per cento tu ta scagghiasti, grazie a mio fratello!“».
Questa conversazione è diventata per gli inquirenti importante poiché Merlo, consapevole di avere volutamente tentato di scagionare Di Maria, per assicurare il suo silenzio, avrebbe preteso somme di denaro, in modo tale di poter fare «la galera in pace». La conversazione, unitamente ai contatti telefonici, rilevati dai tabulati tra Di Maria e Merlo il giorno dell’omicidio, la guida maldestra registrata dalle telecamere e le dichiarazioni del collaboratore Gaetano Di Marco storico esponente del clan Scalisi, articolazione della famiglia Laudani, hanno permesso di chiudere il cerchio sui soggetti coinvolti nell’omicidio di Maurizio Maccarrone.
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