Omicidio Falsomiele, in aula i video della scientifica Fermento tra i parenti delle vittime, fatti allontanare

«Quello è mio fratello, un povero contadino!». Non sono mancati i momenti di tensione questa mattina nell’aula della seconda Corte d’Assise, dove si celebra il processo per il duplice omicidio di Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela, uccisi a colpi di arma da fuoco il 3 marzo 2016. Unica imputata è Adele Velardo, attualmente ai domiciliari, che secondo la ricostruzione dell’accusa avrebbe ucciso i due uomini forse per questioni di vicinato insieme al marito Carlo Gregoli, morto suicida al Pagliarelli a giugno dell’anno scorso. Proiettati in udienza i filmati realizzati dalla polizia scientifica durante il sopralluogo sulla scena del crimine, che hanno contribuito a inasprire l’atmosfera. «Cosa inutile, assassino!», sbotta a un certo punto un familiare di Vela. Altri, invece, davanti alle immagini dei cadaveri, scoppiano in lacrime e vengono fatti allontanare. «Tutti i tecnici della scientifica indossavano il consueto abbigliamento di protezione. Gli altri agenti no, non hanno questa possibilità. Non si escludono quindi rischi di contaminazione», spiega in aula Pietro Iannucci, responsabile della squadra sopralluoghi della polizia scientifica, di cui fa parte da oltre dieci anni.

Incalzato dalle domande di accusa prima e difesa dopo, Iannucci ricostruisce le attività svolte quel giorno, appena lui e la sua squadra sono arrivati in via Falsomiele. La scena si presentava già transennata. I tecnici hanno quindi iniziato a lavorare all’interno dell’area delimitata, raccogliendo reperti, scattando fotografie e girando brevi filmati di integrazione all’attività di indagine. «Abbiamo trovato inizialmente un bossolo all’interno del vano dei contatori dell’acqua, di fronte alla Fiat 500 bianca e delle ogive – cioè la parte iniziale e affusolata del proiettile -, all’altezza delle ruote anteriori dell’automobile. Poi abbiamo rinvenuto altri reperti dopo lo spostamento della macchina e del corpo che stava tra questa e il muro di contenimento, quello di Vela». Trovano altri cinque bossoli e notano un segno di scalfimento sul muro stesso. Il proiettile su cui gli esperti trovano tracce biologiche di Gregoli è proprio tra questi ultimi, a contatto col cadavere.

«Il nostro sopralluogo segue un punto di vista asettico, ci basiamo sul dato oggettivo, cerchiamo risposte a un quesito, non esprimiamo giudizi. Quel giorno, come da rito, abbiamo osservato la scena e ci siamo chiesti come poteva essere avvenuto tutto, quindi la dinamica, le direzioni dei colpi e altro», continua Iannucci, che insieme ai colleghi nota anche una striscia di tessuto mancante dal poggiatesta del sedile del passeggero della 500, probabilmente riconducibile al passaggio di un proiettile. Per i tecnici questo strappo potrebbe essere stato causato dal colpo che ha mandato in frantumi il lunotto posteriore dell’auto su cui viaggiavano le due vittime. Prima di lui, a rispondere a esame e controesame è stato Nicolò Polizzi della scientifica, che sarà risentito nelle prossime udienze per chiarire alcuni punti oggi rimasti in sospeso. Uno fra tutti quello del profilo genetico di Gregoli ritrovato su un bossolo raccolto sulla scena.

«Nella relazione in un punto si legge dell’attendibilità di un risultato, mentre più avanti troviamo scritto il contrario», fa notare l’avvocato difensore Paolo Grillo. «È un refuso», si affretta a rispondere il teste, che però non ricorda quale sia il dato corretto. Il suo laboratorio analizza e campiona tutti i reperti che vengono inviati: i guanti neri, i bossoli, parti dell’automobile sequestrata ai due coniugi, i campioni boccali delle vittime e dei sospettati. Sul bossolo sul quale viene riscontrato il profilo genetico compatibile con quello di Gregoli il tecnico parla di «compatibilità piena e di profilo sovrapponibile». Su alcuni di questi reperti, però non è stato possibile isolare in maniera netta e chiara un profilo biologico e risalire, quindi, a un soggetto preciso. Alcuni risultati, infatti, hanno prodotto solo la dicitura tecnica «non utile», venendo quindi scartati. «Tutte le campionature vengono comunque portate avanti e analizzate – conclude l’esperto -. Non tutte però presentano tracce ematiche e anche quando ci sono non è detto che siano in quantità sufficiente per un’identificazione, il Dna potrebbe anche essere degradato».

Silvia Buffa

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