Ventidue anni di carcere. È questa la condanna per l’agricoltore pensionato Carmelo Rubino reo confesso dell’omicidio del vicino di terreno Vincenzo Sciascia Cannizzaro. Il delitto è avvenuto il 27 settembre del 2019 a Canicattì, in provincia di Agrigento, in contrada Calici dove entrambi i 72enne avevano la campagna. Rubino ha ucciso il coetaneo con due […]
Uccise il vicino per una stradina di campagna: condannato a 22 anni l’agricoltore in pensione
Ventidue anni di carcere. È questa la condanna per l’agricoltore pensionato Carmelo Rubino reo confesso dell’omicidio del vicino di terreno Vincenzo Sciascia Cannizzaro. Il delitto è avvenuto il 27 settembre del 2019 a Canicattì, in provincia di Agrigento, in contrada Calici dove entrambi i 72enne avevano la campagna. Rubino ha ucciso il coetaneo con due colpi di pistola sparati in faccia.
La condanna in Cassazione ha confermato quelle già arrivate nei primi due gradi di giudizio. Stando a quanto ricostruito dall’imputato, con la vittima ci sarebbe stata una serie di litigi dovuti al diritto di passaggio su una strada interpoderale che portava ai loro terreni. Attraverso i suoi avvocati difensori, Rubino ha provato a sostenere che si sarebbe trattato di legittima difesa e che, in ogni caso, lui era stato minacciato e provocato. La Cassazione ha rigettato il ricorso della difesa e reso definitiva la sentenza. Nelle prossime ore sarà eseguito l’ordine di carcerazione e l’anziano finirà in carcere per scontare il resto della pena da cui sarà scomputato il periodo trascorso agli arresti domiciliari.
Nel corso dell’interrogatorio, Rubino aveva ammesso di avere sparato due colpi di pistola al volto della vittima, precisando di essere sotto shock e di non ricordare i dettagli. La procura contestava l’aggravante della premeditazione. Secondo la pubblico ministero Paola Vetro, trasferita nei mesi scorsi, l’imputato «andò deliberatamente con la sua auto nell’abitazione di campagna della vittima, mentre erano iniziati i lavori della vendemmia per ucciderla». Una tesi che aveva portato alla richiesta di condanna all’ergastolo che è stata recepita solo in parte dalla Corte di Assise di Agrigento che aveva escluso la premeditazione.