Oikos, perito del Tar non scioglie il nodo della particella 131 I comitati: «Discarica ampliata su un’area non autorizzata»

Mistero della particella catastale 131 a parte, la discarica di Valanghe d’Inverno ha sconfinato di almeno quattromila metri quadrati. Sembra essere questo – ma non sarebbe un fattore di poca importanza – l’unico punto fermo nella consulenza tecnica voluta dal Tar di Catania. Il tribunale amministrativo è chiamato a esprimersi sulla richiesta di annullamento dell’autorizzazione ambientale rilasciata, nel 2019, dalla Regione a Oikos. A fare ricorso sono stati, in momenti diversi, i Comuni di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia e le associazioni Legambiente e Zero Waste Sicilia, con il sostegno dei comitati No discarica che da anni si battono contro il sito di proprietà della famiglia Proto, accusato di emanare miasmi per l’eccessiva vicinanza ai centri abitati.

L’ultimo capitolo di questa storia ruota attorno alla relazione del professore Vincenzo Barrile, docente dell’Università di Reggio Calabria nominato per fare luce su due questioni: la prima riguarda la verifica della coincidenza tra l’area autorizzata nel 2009 e quella oggetto del rinnovo dell’Aia dieci anni dopo; la seconda, invece, la presenza o meno, sin dalle origini, della particella 131 tra quelle che ottennero il primo ok per l’abbancamento dei rifiuti. Una vicenda, quest’ultima, che negli anni si è trasformata in un vero e proprio giallo, con documenti contestati, dimenticanze e spiegazioni, da parte di Oikos, che finora non hanno convinto quanti credono che la società abbia utilizzato un’area mai autorizzata. Non un fazzoletto di terra, ma circa un ettaro. A ciò si aggiunge, sullo sfondo, la figura di Gianfranco Cannova, l’ex funzionario della Regione – condannato per corruzione nel processo di primo grado Terra Mia insieme all’imprenditore di Oikos Mimmo Proto – che a fine anni Duemila si occupava in prima persona degli iter riguardanti le autorizzazioni ambientali.

In merito alla corrispondenza tra gli spazi autorizzati e l’attuale estensione del sito di Valanghe d’Inverno, il consulente del Tar non ha dubbi: «Il confronto tra l’area impegnata dalla discarica nella originaria consistenza autorizzata con quella di progetto relativa al rinnovo evidenzia – si legge nella relazione – una traslazione verso sud della perimetrazione presente negli elaborati presentati per il rinnovo con una differenza dell’ordine di circa quattromila metri quadrati». Affermazione su cui i consulenti di parte dell’associazione Zero Waste Sicilia si sono soffermati nel documento contenente le osservazioni alla perizia di Barrile. Per gli ambientalisti, il fatto va letto provocatoriamente o come «la sanatoria di un ampliamento già realizzato e non autorizzato precedentemente o il rinnovo dell’Aia con ampliamento dell’area di abbancamento della discarica».

Tutto, invece, si complica per quanto riguarda la particella 131. Il consulente del Tar, nonostante l’incontro con le parti, un sopralluogo nella discarica di Motta Sant’Anastasia e un‘ispezione di sette ore all’interno degli uffici dell’assessorato regionale ai Rifiuti non è riuscito a risolvere l’enigma. Nella cinquantina di pagine di relazione, Barrile più volte rimarca le discrasie presenti tra i vari documenti, ma alla fine lascia che sia il tribunale a stabilire quale ipotesi sia più verosimile tra una concreta assenza della particella 131 tra quelle incluse nell’Aia del 2009 e, come sostenuto da Oikos, la presenza sostanziale della stessa, al netto di dimenticanze e refusi.

Tra le carte visionate dal perito, un riferimento esplicito alla particella 131 lo si trova soltanto in un documento denominato allegato C. Per la ditta, questa sarebbe la prova di come sin dalle fasi iniziali fosse stata dichiarata la volontà di sfruttare la particella. Il dato, però, si scontra con altri documenti contenenti l’elenco delle particelle autorizzate. Pressoché sempre queste sono identificate con i numeri 253, 254, 255 e 256. Come se non bastasse, ad aggravare la confusione ci sarebbero altri elementi: «Dagli elaborati presenti nel “B Allegati cartografici della relazione tecnica” – si legge in un passaggio della relazione – si può osservare che la particella 131, pur se non riportata né testualmente né graficamente negli elaborati risulta comunque (per verifica dalle sovrapposizioni cartografiche) facente parte dell’ingombro della discarica, lasciando ipotizzare una dimenticanza/svista nel riportare la particella stessa».

A escludere categoricamente questa possibilità sono invece gli ambientalisti e i comitati No discarica, che proprio questa mattina hanno indetto una conferenza stampa per ribadire la propria posizione. Nella relazione dei consulenti di parte di Zero Waste Sicilia, viene affermato che è tutt’altro che provato che l’allegato C abbia fatto parte dello stesso iter che portò all’Aia 2009. A ciò si aggiungono altri elementi: dall’assenza di riferimenti alla 131 nelle conferenze di servizi svoltesi negli anni al fatto che la particella oggetto della contesa era a destinazione agricola. In merito a ciò i consulenti dell’associazione ambientalista ricordano quanto riportato in una relazione dagli stessi tecnici di Oikos a fine anni Duemila: «Si rende noto che il territorio interessato dall’impianto è stato individuato come ricadente in area destinata a discarica d’inerti (destinazione corrispondente alle particelle 253, 254, 255 e 256, ndr)». Per i consulenti, tra cui anche Santo Gulisano, l’architetto deceduto nei giorni scorsi, per l’ipotesi di «esclusione (della particella 131 dall’Aia del 2009, ndr) vi sono atti chiari, univocamente determinati, richiamati espressamente nei documenti autorizzativi» mentre un’ipotetica inclusione della stessa si baserebbe «da atti indeterminati, non espressamente richiamati nel provvedimento autorizzativo del 2009, di data incerta e appartenenti a procedimenti amministrativi non univocamente determinati».

«Un procedimento amministrativo in cui non si rinvengano né l’istanza originale di parte (la richiesta dell’Oikos protocollata in entrata) e il cui provvedimento conclusivo risulti altrettanto difficilmente reperibile – hanno dichiarato questa mattina gli esponenti dei comitati No discarica, di Legambiente e Zero Waste Sicilia, nel corso della conferenza stampa – rappresenta un procedimento di cui si rivendica in ogni luogo ed in ogni tempo la nullità. Ed in ogni caso nullità per essere maturato in ambiente collusivo penalmente rilevante».

Sono solo alcuni nodi di un rompicapo intricatissimo. A doverli sciogliere adesso dovrà essere il tribunale amministrativo regionale, sulla scorta di una consulenza che non sembra avere diradato le nubi così come si sperava. Fra gli spettatori interessati, c’è anche il governo regionale che lo scorso anno ha dichiarato di volere attendere l’esito della consulentza tecnica prima di esprimersi sulla possibilità di intervenire di propria sponte sull’autorizzazione a Oikos. A invocare un riesame dell’Aia, dopo la sentenza del processo Terra Mia, era stato il presidente Nello Musumeci. Sul tavolo dell’assessorato ai Rifiuti, già a fine 2020, è arrivato il parere negativo della commissione tecnica-specialistica che ha ravvisato una lunga serie di criticità nell’autorizzazione rinnovata nel 2019. Il documento, tuttavia, finora è rimasto nei cassetti, in attesa di indicazioni dai tribunali.


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