In occasione della seconda edizione del Fru (Festival nazionale delle radio universitarie) i Qbeta, band dai suoni etno funky meridionali e dal carattere esuberante, hanno fatto tappa a Catania giovedì 29 maggio. Il gruppo siracusano si racconta ai microfoni di Radio Zammù
Ognittanto i Qbeta a Catania
E’ stata Catania ad ospitare la seconda edizione del Fru, Festival nazionale delle radio universitarie, dopo la fortunata edizione di Padova. Tanti gli ospiti in arrivo un po’ da tutta Italia che l’Ateneo catanese ha accolto nei giorni 29 e 30 Maggio. Ad aprire in musica il festival non poteva che essere un gruppo tutto siciliano, una band etno funky mediterranea che rappresenta la giusta miscela di calore e allegria, musica e ritmi del sud. Il loro nome è Qbeta, vengono dalla provincia di Siracusa e parte dei loro quattordici anni di musica e bizze li hanno raccontati ai microfoni di Radio Zammù in una intervista curata da Sara Curcio Raiti e Dario Preite.
«Questo gruppo esiste dal 1993 – racconta Peppe Cubeta -. Inizialmente non avevamo un nome, eravamo un gruppo di amici che facevano musica nei pub del siracusano. Due componenti storici del gruppo siamo sempre stati io e mio fratello Salvo, i fratelli Cubeta appunto. Con il tempo sono stati gli altri a darci il nome perché erano soliti identificare il gruppo come quello dei fratelli Cubeta, cognome che noi abbiamo poi storpiato in Qbeta. Dopo la vittoria del Rock Contest di Firenze nel ‘94 non ci siamo mai fermati, abbiamo sempre girato tutta l’Italia con il nostro furgone, “facemu mala vita ma è una bella mala vita”».
Originari di Solarino, sebbene la band in questi anni abbia spesso cambiato volto, sperimentato nuovi suoni e nuovi ritmi, elementi cardine del gruppo sono da sempre i fratelli Cubeta.
«Mio fratello Salvo – aggiunge Peppe Cubeta – oltre ad essere parte integrante della band, musicista e pittore, si occupa e cura personalmente la parte grafica del gruppo in uno speciale connubbio tra musica a colore.
Da questa band è passata tantissima gente come Roy Paci, Salvo Mudanò che ora fa il bassista in Rai, Carlo Cattano, Toni Cattano e molti altri. Il gruppo è una sorta di laboratorio sperimentale un po’ come il genere che facciamo. A noi piace catalogare la nostra musica come una sorta di “grande calderone bastardo” in cui appunto si fondono elementi diversi ma che ben si legano alla nostra cultura siciliana. Si tratta appunto del genere ribattezzato “wolrd music mediterranea”».
Numerosi sono gli interventi della band solarinese ad importanti manifestazioni musicali nazionali ed internazionali soprattutto legate all’attenzione verso le problematiche del sociale. Unico gruppo italiano ad essere selezionato per la quinta edizione del Social Forum di Porto Alegre in Brasile nel 2005 ed ospiti al Forum del Mediterraneo di Barcellona lo stesso anno, così ne raccontano la loro partecipazione:
«L’esperienza all’estero in occasione del Social Forum a cui abbiamo preso parte è stata bellissima. C’erano filosofi, artisti, politici a confronto con un affluenza di 400 mila persone. Per noi è stato un onore suonare subito dopo Gilberto Gil e prima di Manu Chao davanti a 250 mila persone. Da questa esperienza abbiamo poi tratto un documentario che si chiama “Indigeno viaggio oltreoceano” e il brano “Outru mundo è possible” che era appunto il tema del Social Forum».
Tornando alle loro ultime produzioni, “Ognittanto”, brano dagli arraggiamenti musica-testo parte in dialetto parte in italiano, dà anche il nome al loro ultimo album. «Secondo noi molte cose non vanno fatte sempre perché, al di la dell’abitudine, se fatte ogni tanto risultano più belle. Cosi’ noi ogni tanto facciamo un disco e lo facciamo bene» aggiunge Peppe dei Qbeta.
“Ogni tantu allongala sà manuzza, ogni tanto assicuta i vai, pigghia ciatu, pigghia tempo, passa un iornu e passa n’annu, passa u santu e passa u scantu” sono le parole dell’ omonimo brano che ogni tanto i Qbeta consigliano di ascoltare.