Non si affitta alla studentessa trans, denuncia di Arcigay «Mi sono sentita umiliata, ho passato giornate in lacrime»

«Una ragazza transessuale cerca una stanza a Palermo, da settembre, per venire a studiare all’università. Ha ricevuto solo rifiuti, perché è una donna transessuale. Cosa che al telefono con i proprietari di casa non ha mai nascosto perché cerca un luogo sicuro, dove può stare a proprio agio, come è sacrosanto che sia». Il testo scritto da Daniela Tomasino, attivista palermitana di Arcigay, ha circolato molto sulle bacheche Facebook in questi giorni. 

E poteva essere l’ennesima brutta storia di diritti negati, da parte della comunità LGBT, proprio nella città dove ogni anno si tiene uno dei Pride più partecipati e politici. Invece la storia di Ivy, la ragazza di 19 anni che da Marsala intende trasferirsi a Palermo per studiare Lettere, potrebbe avere il lieto fine. «Comincio solo ora a vedere il fondo del tunnel» conferma lei.

«Il più delle volte – continuava l’appello di Arcigay – le hanno detto esplicitamente che la ragione del rifiuto è legato al fatto che sia transessuale, altre hanno girato attorno alla vera ragione accampando scuse. Quindi, vi chiedo se qualcuno dei miei contatti affitta stanze a studenti/esse, o se conosce qualcuno che lo fa. Zona universitaria (via E. Basile), possibilmente singola, dai 100, max 180€/mese».

E nel giro di poco tempo tutto è cambiato, come racconta Marco Ghezzi – vicepresidente di Arcigay Palermo e che per primo si è interessato al caso di Ivy. «Con l’appello che ho lanciato insieme a Daniela Tomasino, abbiamo raccolto tante risposte. Molte persone ci hanno scritto perché affittano o conoscono chi lo fa, abbiamo girato questi contatti ad Ivy che oggi lei stessa ha contattato. Abbiamo ricevuto davvero tante risposte e proposte».

Intanto la studentessa sta valutando le offerte, ora che di nuovo può farlo e non viene più respinta per quello che è. «Non sono tutte soddisfacenti per me, perchè magari o troppo care o lontane dalla zona dove vorrei abitare» dice Ivy, che al telefono appare serena. «Le persone sono buone a venirmi incontro, ma tutte le proposte sono da valutare. Sono in contatto con un ragazzo, ad esempio, e scenderò a Palermo la prossima settimana. Il messaggio si è diffuso, sono contenta. Ma sono stati giorni difficili, ho passato giornate in lacrime sotto la doccia, al mio ragazzo dicevo che forse avrei dovuto fare la parrucchiera. Mi sono sentita umiliata».

Una storia del genere sembra ribadire che se da una parte che c’è ancora molto da fare su diritti lgbt dall’altra esiste una parte di Palermo reagisce sempre. «C’è una società davvero a marce differenti – conferma Marco -. Se è vero che una risposta solidale, come ci si aspettava, c’è stata, dall’altra parte è intollerabile oggi pensare che si possa discriminare una persona a causa del proprio orientamento sessuale o identità di genere, soprattutto a fronte di un bisogno fondamentale come quello di un alloggio». 


Dalla stessa categoria

I più letti

Una storia di discriminazione, quella di Ivy, che però potrebbe avere il lieto fine. Dopo l'appello di Daniela Tomasino e Marco Ghezzi sono fioccate le offerte e le proposte per stanze e appartamenti. «C'è una società davvero a marce differenti»

Giustizia per Emanuele Scieri

Sono stati condannati i due ex caporali Alessandro Panella e Luigi Zabara. Finisce così il processo di primo grado con rito ordinario per l’omicidio volontario aggravato del parà siracusano Emanuele Scieri, avvenuto all’interno della caserma Gamerra di Pisa nell’agosto del 1999. Per loro il procuratore Alessandro Crini aveva chiesto rispettivamente una condanna a 24 anni e 21 anni, […]

Catania archeologica, l`occasione mancata

In una nota protocollata al Comune etneo a metà gennaio l'associazione di piazza Federico di Svevia chiede di gestire il bene del XII secolo, abbandonato, per garantirne «a titolo gratuito e senza scopo di lucro, la fruibilità». Adesso interrotta dal cambio del lucchetto del cancello da cui vi si accede e dalle divergenze con uno degli abitanti, che risponde: «C'era il rischio per la pubblica incolumità»

I processi a Raffaele Lombardo