‘Non faccio la parodia del Vangelo, ma di quello che gli sta attorno’

«Varechina e melanina» è lo spettacolo che Giobbe Covatta questa estate sta portando in scena, in cui racconta la reale situazione in cui versa il continente africano. Un monologo di due ore, che con sagacia e leggera ironia l’«ambasciatore» dell’AMREF, attraverso la metafora del gioco del Monopoli, racconta. Un percorso in cui le varie caselle: fame, povertà, malattie, guerre, droga, sfruttamento dell’infanzia e della prostituzione, escono una dopo l’altra, mediante il lancio di un dado africano, che ha sei facce con la stessa cifra in ognuna di essa: il numero uno. Come dire: non hanno scampo se non li aiutiamo noi, che viviamo nei paesi industrializzati, che abbiamo i mezzi. L’attore durante il suo spettacolo lancia accuse ai paesi industrializzati che prosciugano le risorse del pianeta a detrimento dei paesi poveri e alla fine legge la Carta dei Diritti del Bambino, firmata da 190 paesi su 192 ( mancano Somalia e USA ).

Noi, alla fine di uno dei suoi spettacoli lo abbiamo incontrato. 

Come è nata l’idea il suo ultimo libro “Corsi e ricorsi, ma non arrivai mai”?
L’idea nasce da una mia passione personale per la storia. Come spesso accade quando si supera una certa età, si abbandona la narrativa e ci si avvicina alla saggistica, almeno per i maschi funziona così. La storia è uno degli argomenti che mi ha sempre appassionato.
Una volta in Ungheria vidi una piazza intitolata ad Attila, che per noi è sempre stato un barbaro, ma per loro è stato un conquistatore, dipende dai punti di vista ….
In fondo la storia è fatta da punti di vista, mi divertiva molto sottolinearli usando un linguaggio che non è un linguaggio storico, ma di cronaca, è un linguaggio giornalistico.  Questa cosa mi ha divertito, e poi dal mio divertimento ne è uscito un libro.

Perché quelle donne nude che si vedono all’interno del suo libro, nelle pagine della copertina di Panorama? Sono vere o sono fotomontaggi?
No, sono fotomontaggi, ma  siccome Panorama, per qualsiasi argomento, mette una donna nuda e poi del resto se ne discute, allora anch’io ho fatto così.

Come vanno le vendite?
E’ in classifica da giugno.

Ed è una cosa che succede con tutti i suoi libri…
Questo è il sesto e fino adesso è così.

Ho letto che per ogni libro in media ci sta tre anni  per scriverlo …..
Sì, ma perché sono pigro, perché scrivo poco.

Fare la parodia del Vangelo la ispira tanto? 
Non è il Vangelo che mi ispira, ma il clima che c’è intorno al Vangelo e alla Bibbia che mi ispira, nel senso che se io fossi americano, come Woody Allen probabilmente il mio interlocutore sarebbe l’analista. Siccome sono italiano, il mio interlocutore è il prete, da quando sono nato, come capita in un paese altamente cattolico come il nostro. Vede,  quello che mi incuriosisce e che mi ispira della religione, non è tanto la religione in sé, quanto le deformazioni che l’Italia cattolica ha creato intorno alla religione, cioè quell’aspetto un po’ casereccio, il modo di essere cattolico in una maniera quasi superstiziosa. Io sono di Napoli, sono di Santa Lucia, non posso non ricordare quando il 13 dicembre, per la festa del paese, tutti gli abitanti toccavano gli occhi della santa. E’ un rito tribale, che ha poco di religioso, attiene all’antropologia, non alla religione. 
E’ questo che mi ispira del nostro modo di vivere la religione. Mi diverte l’idea che in un paese così cattolico come il nostro se tu vai in giro a chiedere a uno a uno” Tu hai mai letto la Bibbia? “, non ne trovi uno.

Come si è avvicinato all’Africa?
A me piace viaggiare. Lo faccio con un grande interesse, sono curioso, mi piace incontrare persone diverse da me, perché mi incuriosisco. Uno uguale a me mi annoia, parlando in tutta onestà, dopo un po’ so tutto. Invece se c’è qualcuno di diverso lo trovo interessante, mi racconta un mondo che non conosco.

Lei da anni è «ambasciatore» per l’AMREF, sposando la nobile causa di aiutare le persone che vivono in condizioni pietose.
Non direi proprio aiutare, perché non è quella la cosa che mi interessa, quello che mi interessa è scambiare informazioni e opinioni, è questo che io trovo interessante, nel senso che una volta che uno conosce l’argomento di cui si sta parlando, può prendere tutte le decisioni del caso, che non gliene frega un bel niente, che può partecipare a un progetto, può prender tutte le decisioni che vuole, ma non lo può fare finché non conosce un argomento di conversazione.  Quello che mi preme è creare dei collegamenti, non tendo a dire che questo spettacolo possa essere esaustivo, ma può far mi nascere una curiosità nei confronti
E siccome sono convinto che l’informazione passa più facilmente con il divertimento che con la noia, come spesso accade nei simposi sull’Africa, credo che uno spettacolo divertente si possa comunicare e far passare non un’informazione, una curiosità per cercare l’informazione. Devo dire che poi attraverso questi meccanismi così la cosa funziona.

La sua esperienza, il suo contatto con alcuni villaggi dell’Africa, come e in che cosa l’ha cambiata?
In nessun modo. Ognuno è il risultato della propria storia, per cui non so esattamente come e in che misura mi abbia cambiato. Io sono quello che sono oggi anche per tutte le esperienze che ho fatto negli ultimi 11 anni, ma non solo per  quelle, meglio dire per tutte le esperienze che ho fatto negli ultimi 50 anni. E il risultato di tutte quelle esperienze  eccolo qua!

Credo che lei sia molto modesto.
No, sono realista.

Pregi e difetti degli italiani?
Beh, bisognerebbe discuterne tutta la notte, ce ne sono un milione, sia in un caso, sia nell’altro. Sarebbe divertente fare uno studio sui vizi capitali degli italiani. Però devo essere onesto, tra i popoli occidentali presenti nel mondo ricco e consumistico, devo dire che gli italiani gira e rigira, li trovo più gradevoli.

Come si fa a fare ridere la gente?
Con un po’ di psicopatia, un po’ di deformazione mentale, fantasia, adattamento, e così via. C’è un’alchimia molto complessa. Ma anche questa non è studiata a tavolino, una bella fetta viene dai neuroni che lavorano per i fatti loro.

Il suo rapporto con la lettura?
Intenso, mi piace leggere, non navigo su Internet, quindi ancora adesso sono uno che sta sulla carta.

E come mai non ha avuto un approccio con il nuovo medium?
Non lo so, un po’ per pigrizia. Non so usare bene neanche il telefonino, non so fare neanche le fotografie con i telefonini di ultima generazione. L’elettronica mi lascia perplesso.

In tre parole come si definirebbe?
Io? Un sex symbol, questo si vede occhio nudo, no? Non lo so, sicuramente permaloso, poi accomodante e paziente. Credo anche abbastanza intelligente, ma non lo so.

E il suo quoziente intellettivo, ha mai fatto un test?
Sì, è molto alto, ricordo che in tutta la mia scuola, insieme a Daniele Giurazza, ero quello che ce l’aveva più alto, ma non ricordo il numero. Ero tra i due tra i più intelligenti della scuola.

Sharon Stone ha 150.
Beh, però ha altri pregi.

No, ma 150 è altissimo, la media è 120.
Ah, sì ? Non lo so, non me lo ricordo il numero, ricordo questo episodio perché mi colpì molto pensare che in una scuola di 1300 io e Giurazza eravamo i più intelligenti. Non si direbbe e invece!


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