Laboratori sporchi, cibo non tracciabile, alimenti in cattivo stato di conservazione. Tutte cause di chiusura di panifici, bar e ristoranti, con conseguenti articoli sui giornali. Spesso (non sempre) senza nome dell’attività sanzionata. «Perché non fate i nomi?», è il commento più comune dei lettori sui social. Anche nella variante: «Niente nomi, è chiaro che avete […]
Perché non facciamo i nomi delle attività di ristorazione chiuse dopo i controlli
Laboratori sporchi, cibo non tracciabile, alimenti in cattivo stato di conservazione. Tutte cause di chiusura di panifici, bar e ristoranti, con conseguenti articoli sui giornali. Spesso (non sempre) senza nome dell’attività sanzionata. «Perché non fate i nomi?», è il commento più comune dei lettori sui social. Anche nella variante: «Niente nomi, è chiaro che avete paura». La verità, però, come spesso accade, è più complicata. E ve la spieghiamo qui.
A eseguire i controlli sono le forze dell’ordine, spesso insieme al personale delle Asp. Le stesse forze dell’ordine che ogni giorno mandano alle redazioni un riassunto giornaliero delle loro attività: dagli arresti ai controlli, appunto, diventando così una fonte di notizie. All’inizio, poco più di cinque anni fa, nel caso di ispezioni su attività di ristorazione o affini, i nomi venivano puntualmente indicati e riportati sui giornali. Risultato? Una pioggia di telefonate di proprietari disperati o sul piede di guerra. E non sempre a torto. Perché quando polizia o carabinieri dicono «Sporcizia nel laboratorio; chiuso il bar Taldeitali», la realtà è che l’attività viene chiusa «fino al ripristino dei luoghi». Basta, quindi, pulire e il bar riapre. A volte anche nella stessa giornata.
Non solo. Quando leggiamo di «scarse condizioni igienico-sanitarie del laboratorio» può darsi che ci si riferisca, come successo a un panificio catanese, a dello sporco sotto i frigoriferi. Una condizione che probabilmente riguarderebbe anche le nostre case e che non spingerebbe di certo i clienti a boicottare un’attività. Peccato che queste cose, nel comunicato delle forze dell’ordine, non siano indicate. Ed è così che dopo anni di proteste degli esercenti, minacce di denuncia per danno economico e il rifiuto delle redazioni di continuare a pubblicare queste note, carabinieri e polizia hanno deciso di non fornire più i nomi delle attività controllate. Raccontando insomma il peccato, senza il peccatore.
A volte, come giornalisti, riusciamo a capirlo da soli – da un dettaglio o da una foto – oppure con l’aiuto di altre fonti: in quel caso, ricostruita per bene la vicenda, il nome viene indicato nell’articolo. Quando non lo leggete, invece, significa che non ci siamo riusciti. Perché? Indovinate a chi dovremmo chiedere: le stesse forze dell’ordine. E allora che senso ha pubblicare queste notizie? Perché spesso siete voi, con i vostri commenti, ad aiutarci a individuare il posto e a consentirci di capire come sono andate le cose.