In un processo allestito contro una cinquantina di attivisti, il tribunale di Gela ha ammesso la costituzione in parte civile del governo. «I movimenti territoriali sono diventati una questione di ordine pubblico» denuncia Giuliana. Mentre si teme che quest'orientamento prosegui anche per i prossimi procedimenti
No Muos, Viminale chiede risarcimento agli attivisti «È l’ennesimo attacco contro i movimenti territoriali»
«Che lo Stato sia sempre stato contro di noi era chiaro, ma che si arrivasse fino a questo punto sinceramente sorprende anche noi». L’attivista No Muos Giuliana Reale commenta così la notizia della costituzione in parte civile del ministero degli Interni in uno dei tanti processi che il movimento antimilitarista sconta al Tribunale di Gela. Nello specifico, come racconta l’avvocato Andrea D’Alessandro, «nell’udienza che si è tenuta oggi (ieri, ndr), il giudice ha ammesso la richiesta del governo di un eventuale risarcimento danni».
L’episodio si riferisce al 21 settembre 2013, in una fase calda del movimento, quando circa duecento attivisti decisero di allestire un vero e proprio picnic all’ombra delle 46 antenne e delle tre parabole del Muos all’interno della base statunitense di Niscemi. Una manifestazione pacifica che vide persino giungere, all’interno del contestato impianto militare, biscotti, pane e crema al cioccolato; nonché tanti bambini e anche qualche neonato. Per qualche ora la base divenne un grande parco, nel quale alcuni manifestanti gettarono dei semi di piante tipiche della vegetazione mediterranea. Per quell’azione, tuttavia, circa 50 attivisti sta affrontando il processo di primo grado. E ora il Viminale si schiera apertamente contro di essi.
«Il dato politico è forte – aggiunge Giuliana -. Lo Stato italiano vuole essere risarcito da noi e non da chi ha costruito il Muos. Ed è altrettanto significativo che a volercela fare pagare, in tutti i sensi, non sia il ministero della difesa (che avrebbe competenza sulle strutture militari) ma l’autorità preposta alla pubblica sicurezza. Insomma: i movimenti territoriali sono diventati una questione di ordine pubblico». Una linea che potrebbe fare proseliti. «A dicembre c’è un altro grande procedimento, il cosiddetto maxiprocesso – commenta l’avvocato D’Alessandro – e se il tribunale ha accettato questa richiesta, il timore è possano essercene altre in futuro».