No Muos, da Vicenza a Niscemi vs gli Usa Una grande festa, «ma la lotta continua»

C’è Matilda, la finta bambina-clown che non vuole la guerra ma la pace, «e nemmeno che distruggano tuttissimo». Ci sono i bambini, quelli veri, di Niscemi e non solo. Nel centro nisseno ci sono coppie giovani e adulte, famiglie, comitive di ragazzi, partiti, associazioni, cittadini da tutto il mondo: hanno sfilato in un corteo pacifico, colorato e festoso lungo i cinque chilometri che da contrada Ulmo portano alla base militare statunitense di Niscemi. Per dire no al Muos, l’impianto di antenne satellitari della marina militare Usa in territorio siciliano che porterebbe via ai residenti di diversi Comuni siciliani «salute e sovranità». Un corteo lungo circa un chilometro e mezzo e con più di quattromila partecipanti, secondo la Questura. Diecimila nelle stime degli organizzatori.

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Presenti alla manifestazione nazionale di ieri, 30 marzo, soprattutto alcune realtà italiane ormai gemellate con i comitati siciliani: No dal Molin, il gruppo che si oppone a un’altra base militare Usa in Italia, a Vicenza; e i No Tav, uomini e donne giunti direttamente dalla battaglia in Val di Susa contro l’alta velocità. «No dal Molin e No Muos sono un corpo solo – urla dal palco improvvisato alla fine del corteo, su un camioncino, un anziano attivista vicentino – Io ho usato la mia pensione per essere oggi qui con voi». «Vergogna, dovreste proteggerci!», urlano invece le donne No Tav ai poliziotti, divisi dalle reti della base militare. Lungo il cui perimetro ha sfilato il corteo, per poi concentrarsi davanti al’ingresso e tornare indietro, in paese, circa tre ore e parecchi interventi dopo. Ma non prima di un gesto liberatorio e simbolico: «Ognuno prenda un palloncino giallo, ci scriva su No Muos e lo faccia scoppiare», invitano i membri del comitato.

A intervenire anche due bambini di Niscemi, in rappresentanza di tutti i coetanei. La folla sta in silenzio mentre leggono la propria lettera indirizzata a Malia e Sasha Obama, le figlie del presidente degli Stati Uniti d’America. Solo una serie di fischi interrompe il momento, per il passaggio di un elicottero militare sopra le loro teste. «In tv il vostro papà sembra tanto buono e sensibile – dice Fabiana, dieci anni – Perciò vi preghiamo di fargli arrivare la nostra lettera di preghiera: vogliamo solo giocare e vivere in salute, proprio come voi. Per questo vi chiediamo di far fermare il cantiere». Le rassicurazioni del presidente regionale siciliano Rosario Crocetta, non bastano a nessuno. E nemmeno l’annuncio della fine del provvedimento di revoca dei lavori del Muos, arrivato appena un giorno prima della manifestazione, è servito a placare gli animi. Almeno non dopo l’accordo con il governo nazionale per nuove analisi che decideranno il vero futuro del sito.

«Questo documento vogliamo prima vederlo», dice Giancarlo Cancelleri, capogruppo del Movimento 5 stelle all’assemblea regionale siciliana. «Abbiamo fatto tutto il possibile – replica l’assessore regionale al Territorio e ambiente Mariella Lo Bello – Io so solo che, per fare un figlio, ci vogliono nove mesi. Noi in 60 giorni abbiamo bloccato il cantiere». «Ci stiamo riprendendo la sovranità della terra – commenta più fiducioso il senatore M5s Mario Giarrusso – Faremo lo stesso tentativo in Parlamento». Governo nazionale più volte invocato dagli stessi manifestanti come protagonista di cui non si potrà fare a meno. Ma le cui mosse non sono ancora chiare.

Gli attivisti No Muos, intanto, hanno ribadito ieri la loro contrarietà alle antenne. Niscemesi ma non solo, insieme a cittadini spagnoli e a un monaco buddista, di origini giapponesi ma trapiantato a Comiso da anni, veterano delle battaglie contro la base missilistica del centro ragusano. Durante il concentramento, una lunga e coreografica fila di moto da strada ha strombazzato il proprio no alle antenne da parte dei membri di diversi motoclub siciliani. Tutti lo hanno fatto con una festa itinerante, nonostante le voci di tensioni e rinvenimento di armi da guerriglia, 24 ore prima della partenza del corteo. Solo un fumogeno lanciato da un manifestante ha lasciato per un attimo perplessa la folla. Ma canti e balli sono subito ripresi come prima. Tra i sorrisi e le smorfie imbarazzate di qualche poliziotto e carabiniere presente. Dalla folla, qualcuno manda dei baci a un gruppo di militari statunitensi all’interno della base. Loro ricambiano con un saluto.


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